Gemellaggio artistico
Maio e Mastronunzio hanno esposto nella Biblioteca Provinciale di Benevento
di Vanna Morra
Presso la Biblioteca Provinciale “Antonio Mellusi” di Benevento, dal 1° al 5 ottobre 2018, con il patrocinio della Provincia di Benevento, il fotografo Vincenzo Maio e il pittore Antonio Mastronunzio (insieme nella foto) hanno esposto le loro opere, riscuotendo successo di critica e di pubblico. Il gemellaggio rappresenta la manifestazione e l’espressione di due forme diverse di arti visive.
Maio, reduce dalle recenti mostre a Roma e a Milano, ha dichiarato che per lui è stato un motivo di orgoglio esporre nell’amata e natia Benevento, dove nel lontano 1992 iniziò la sua attività come fotoreporter e giornalista nelle pagine diocesane di “Avvenire”, testimonianza del suo costante impegno nel mondo cattolico.
Il Direttore del Museo Modigliani Alberto D’Atanasio ha scritto: «Vincenzo Maio è ciò che si può definire un cacciatore di bellezza. E la bellezza non si fa trovare da tutti. La bellezza, quella rara, quella che univa interiore ed esteriore, soma e psiche, immanente e trascendente, è rarissima, difficile da trovare, complicata da comporre. Lui compone alla stessa maniera di Leonardo Da Vinci, di Raffaello, di Dante Gabriel Rossetti e di John Waterhouse…»
Mastronunzio è maestro di arte pittorica e di scultura, uomo di grande e profonda cultura umanistica, raro conoscitore della storia dell’arte e della tecnica. La sua passione per l’arte nacque da giovanissimo, a 13 anni, quando si iscrisse al liceo artistico.
La giornalista e critica d’arte Catiusha Minicozzi ha scritto: «L’ opera di Antonio Mastronunzio parte da lontano: la sua ispirazione è antica, sempre vivace, e la sua arte fedele a sé stessa seppur nuova ogni volta; passando con disinvoltura dalla pittura alla scultura, dal figurativo all’ astratto, egli è uno di quegli artisti riconoscibile e sempre da ri-conoscere, cioè conoscere di nuovo, poiché la sua cifra stilistica è sempre immutabilmente diversa… L’elemento religioso è sempre presente nella sua pittura e le sue scene sacre sono quasi non scene, sospese in un tempo che potrebbe ancora arrivare; anche quando il soggetto non è religioso, l’assenza di ogni temporalità ci induce ad un sentimento metafisico inspiegabilmente pregnante… L’artista, nella sua casa studio, ha creato un giardino fiabesco, abitato da figure che spuntano tra gli alberi e giocano a nascondino con i rami, svelando all’ improvviso il loro vero volto, immerse e a loro agio nel verde in cui hanno preso vita; una galleria fantasmagorica di volti e figure intere, verosimili o non, che danno la misura di una fervida fantasia e di una visione fantastica della natura».