Spagna 82, quel 'viaggio degli eroi'
Perche' vedere il docufilm di Manlio Castagna sull'Italia di Rossi e Bearzot
di Armando De Sio
Lo sport è, lo sanno tutti, metafora della vita. Ci aiuta, attraverso il suo esempio fatto di sacrificio, impegno, lotta, sudore, lacrime e sangue; ad affrontare le difficoltà della partita più importante di sempre: la vita. Questo è quello che viene fuori da “Il viaggio degli eroi” di Manlio Castagna con Marco Giallini, docufilm che racconta il terzo successo dell’Italia nei campionati mondiali di calcio del 1982.
Adottando la teoria narrativa di Christopher Vogler, il film è diviso in undici tappe che ripercorrono il cammino degli azzurri verso la finale di Madrid. E allora ecco il quadro socio politico economico dell’Italia di allora, dilaniata dalle stragi, dal rapimento Moro, dalla Mafia e dall’instabilità economica. Un Paese che però “si distendeva”, si fa per dire, durante le partite della Serie A e durante le partite di una Nazionale che aveva brillato ai Mondiali del ’78, che aveva deluso nell’Europeo casalingo del 1980 e che si era qualificata senza grossi problemi all’appuntamento spagnolo dell’82.
Cominciano però le critiche al capo dell’armata “Brancazot”, come la definivano i giornalisti del tempo, il grande “vecio”, il papà di quegli azzurri, Enzo Bearzot. Il tecnico è reo, secondo la stampa, di non aver convocato giocatori che avevano fatto un gran bene nel campionato precedente, come Pruzzo capocannoniere e Beccalossi, di aver portato in Nazionale un Paolo Rossi che non gioca da qualche anno, a causa della squalifica del Totonero, e di scarse idee di gioco. Molti sono convinti che si uscirà subito dal mondiale. La squadra fa quadrato attorno al mister e si chiude in silenzio stampa.
Le cose, però, non vanno bene nel girone eliminatorio dove l’Italia si qualifica comunque dopo tre pareggi. Nel secondo girone per accedere alla semifinale, la banda Brancazot sembra spacciata. C’è l’Argentina di un giovane Maradona, di Ardiles, Passarella e c’è il Brasile, di Junior, Cerezo, Socrates e Falcao che forse con troppa superbia si sente già il titolo cucito sul petto. Gli azzurri con tenacia, determinazione e umiltà, battono le sudamericane. Gentile, ai limiti della correttezza blocca el Pibe de oro e Rossi si sblocca con il Brasile, segnando tre gol. La Polonia in semifinale è quasi un preludio al trionfo con la Germania. I Tedeschi vengono surclassati l’11 luglio del 1982 al Santiago Bernabeu di Madrid: Rossi, Tardelli e Altobelli. Ma c’è un uomo in più sulle tribune: il Presidente degli italiani, Sandro Pertini, che grida al terzo gol: “Non ci prendono più!”.
Il tredicesimo uomo in campo, colui che ha dato a questa vittoria un significato profondo in un momento non facile nella storia del nostro Paese. Ricordare quei giorni, questa storia, significa dare speranza alle nuove generazioni. Perché anche quando nessuno crede in noi, anche quando tutto sembra impossibile, c’è sempre una scintilla che ci aiuta ad alzarci e ad affrontare le sfide più importanti. A questo servono gli eroi. E noi ne abbiamo un disperato bisogno!