'Ho scritto per rompere il silenzio'

Violenza di genere: intervista ad Amalia Bonagura, autrice di Nora - Il silenzio deve tacere

    di Maria Neve Iervolino

"Nora è l’insieme di tantissime storie, culmina in un femminicidio, ma al suo interno ci sono tutte le forme di violenza che una donna può subire da un uomo”. Mi spiega Amalia Bonagura, autrice di Nora, il silenzio deve tacere (Iuppiter Edizioni).

Nora è un libriccino che nella sua brevità contiene tutte le declinazioni della violenza sulle donne, la violenza fisica, lo stupro coniugale, la violenza mentale. È un viaggio per comprendere le vie, a volte molto sottili, attraverso cui si muove il femminicidio.

Amalia cosa L’ha spinta a scrivere?

L’essere a contatto quotidianamente con il fenomeno della violenza di genere e del femminicidio, anche per motivi professionali, e la frequentazione delle associazioni e dei centri antiviolenza mi hanno stimolato a raccontare la realtà, non quella filtrata e intossicata dai media, ma quella taciuta, vissuta dalle donne. Ho conosciuto le storie vere, ho letto le testimonianze delle vittime e ho sentito il silenzio intorno a loro, per questo ho iniziato a scrivere.

Scrive che la storia di Nora è “realtà documentata”, c’è stato qualche caso in particolare di una donna realmente conosciuta che ha ispirato il libro?

Ho conosciuto molte donne vittime di violenze, a cominciare da quelle che arrivavano al campo profughi di Latina dove ho lavorato come interprete e traduttrice: lì ho potuto ascoltare per la prima volta le storie di ragazze provenienti dall’Europa dell’est, violentate prima e dopo essere arrivate al campo. Soprattutto da quando ho iniziato a lavorare al Progetto Nora sono entrata in contatto con le realtà dei centri antiviolenza, ho conosciuto donne che proprio a seguito delle violenze subite ora lottano testimoniando con grande coraggio la loro terribile esperienza.

Può farci qualche nome di donna che ha ispirato il suo lavoro?

La più conosciuta è Filomena De Gennaro, vittima nel 2006 di tentato femminicidio, si è salvata per miracolo, ma vive su una sedia a rotelle perché paralizzata dai colpi di pistola del suo ex fidanzato. L’ho conosciuta è una donna di incredibile una vivacità intellettuale che ha fatto della sua esperienza un esempio per tutti.

C’è stato un momento particolare in cui è iniziata la riflessione sul femminicidio e la disparità di genere?

Mi sono sempre occupata di questioni sociali. Ho assistito alle manifestazioni per il varo o l’abrogazione di leggi importanti per i diritti delle donne e l’emancipazione femminile, con questo sguardo ho iniziato a notare la progressiva deculturizzazione della società e il riaffermarsi di modelli di comportamento propugnati dalla nuova televisione commerciale con i nuovi eroi televisivi. La deformazione dell’immagine della donna, l’uso del suo corpo e del sesso come spettacolo sono tornati alla ribalta, cancellando anni di lotte femministe.

Cosa pensa del movimento femminista?

Io sono femminista, non si possono avere mezze misure rispetto a questo tema. Sono vicina, soprattutto attraverso il Progetto Nora, alla Casa Internazionale delle Donne e Se non ora quando. Non accetto giustificazioni rispetto a questo tema e alla cultura che deve essere modificata.

Dalla prima lettura è evidente in Nora la presenza di registri diversi, uno propriamente narrativo e un altro orientato alla comunicazione attraverso immagini. Durante la stesura del libro aveva già l’idea di trarne uno spettacolo?

Sì, anzi l’idea dello spettacolo è stata precedente alla stesura del romanzo. Avendo scritto per il teatro diversi adattamenti e testi originali, la mia prima inclinazione è sta quella di utilizzare l’immagine per comunicare e per emozionare. Tutto nasce da un soggetto teatrale che ho cominciato a scrivere nel 2015 diventato poi romanzo. Dal testo narrativo in seguito ho tratto il testo teatrale e la sceneggiatura dello spettacolo Nora-Oltre il silenzio che ha debuttato al Teatro Marconi di Roma nel dicembre del 2016.

E poi è nato anche il Progetto Nora.

Il Progetto Nora, rappresenta la chiave di tutto. È stato suggerito e formulato da Stefania Cioccolani e sviluppatosi grazie a varie collaborazioni con istituzioni e associazioni antiviolenza: il romanzo e lo spettacolo teatrale sono diventati parti integranti del Progetto indirizzato principalmente alle Scuole Superiori e alle Università.

Perché parlare ai giovani di violenza di genere e femminicidio?

Perché i numeri ancora una volta ci suggeriscono la gravità della situazione: secondo il dossier prodotto da We World Onlus con Ipsos Italia nel 2016 il 32% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni afferma che gli episodi di violenza vanno affrontati all’interno della mura domestiche. Per il 25%, un giovane su 4, la violenza sulle donne è giustificata dal troppo amore oppure dal livello di esasperazione al quale gli uomini sarebbero condotti da determinati atteggiamenti delle donne, o dalla gelosia. I giovani, gli studenti e le loro famiglie dovevano diventare i primi destinatari del Progetto e così è stato e così sarà anche in futuro. Il femminicidio è un fenomeno legato alla sfera dell’educazione, della cultura ed è lì che si deve incidere

I ragazzi sono recettivi riguardo questi temi?

I dibattiti organizzati dopo le repliche, che hanno visto interloquire con gli studenti alcuni professionisti, collaboratori del Progetto Nora, sono sempre stati decisamente vivaci e interessanti. Continuo a dire che non è vero che i ragazzi se ne fregano, non è vero che sono indifferenti a certe tematiche e non è vero che sono superficiali. La loro partecipazione, le domande che pongono durante i dibattiti, le osservazioni che condividono provano che hanno bisogno degli stimoli giusti per affrontare temi importanti su cui, sicuramente, hanno qualcosa da dire. Centinaia di ragazzi hanno assistito allo spettacolo Nora - Oltre il Silenzio insieme ai loro professori, su semplice iniziativa di alcuni presidi che si sono dimostrati sensibili oppure nell’ambito di progetti scolastici contro la violenza di genere, vincitori di bandi di concorso indetti dal Dipartimento Pari Opportunità del MIUR o della Regione Lazio.

Ha fatto molto discutere la Carmen andata in scena a gennaio al teatro Maggio di Firenze, nel finale Carmen non muore ma riesce a salvarsi. Lei trova che rivisitazioni di questo tipo siano utili?

Il gesto di Muscato al Maggio di Firenze non mi ha sconvolta, non mi ha fatto gridare al sacrilegio, non perché io accetti senza remore e indiscriminatamente gli stravolgimenti delle opere d’arte, ma perché ritengo che l’opera d’arte può essere rivisitata se la rivisitazione serve a lanciare un messaggio, a fare discutere e a rompere un silenzio atavico e tossico, a  farlo tacere.  Lo stravolgimento può essere strumentale a un fine nobile e poi ben venga la discussione. Il punto è che il teatro deve far discutere e la cultura è uno strumento potentissimo per parlare di valori e di società. Fermo restando che la Carmen resta quella di Bizet. Il resto è reinterpretazione.

Qual è il futuro del Progetto Nora?

Continuare la divulgazione del Progetto Nora con l’ideazione di nuove formule di presentazione del libro e dello spettacolo: stiamo studiando, insieme ai collaboratori del Progetto, altre modalità per  riuscire a coinvolgere il numero più alto possibile di studenti e studentesse in Italia. Stiamo organizzando laboratori di lettura guidati e eventi in cui gli studenti possano diventare protagonisti e interpreti di un cambiamento profondo a livello sociale e culturale. E poi c’è un altro romanzo che sto terminando e che potrebbe dare origine a un nuovo progetto.

Una novità editoriale?

Sì, sempre per le scuole, magari di nuovo attraverso il teatro, perché affronta altri temi sociali molto attuali e di grande importanza, ma parte dallo stesso presupposto fondamentale di Nora, l’asserzione e il tentativo di propugnare la cultura del rispetto. La prossima sarà una storia sui pregiudizi, sull’intolleranza, sulla nostra incapacità di accogliere chi è diverso da noi, chi è fragile e chiede aiuto. La storia è ambientata in un luogo immaginario che lentamente diventa il nostro luogo, il nostro paese, la nostra città, la nostra casa. E tutti i personaggi che parlano e agiscono siamo noi.

Come mai si è affidata alla Iuppiter Edizioni per pubblicare suo libro?

È una piccola casa editrice che ha sempre avuto molto coraggio nelle sue scelte. Nora non è un testo facile perché è crudo, schietto, critico nei confronti della società e dei retaggi culturali. Più di un lettore lo ha descritto come un pugno nello stomaco, tirato a tutti coloro che silenziano, mistificano, sfruttano, fraintendono, rifiutano, rinunciano e chiudono gli occhi. Inoltre è parte integrante di un progetto che è riuscito a penetrare varie realtà. Iuppiter Edizioni non si è mai tirata indietro. E farà ancora molto per la divulgazione del Progetto nelle scuole di tutta Italia e per l’utilizzo del mio libro come strumento educativo, didattico e di prevenzione della violenza di genere e a favore di una cultura del rispetto. Cosa vuole Nora? Qual è il suo obiettivo? Nora vuole che il silenzio taccia: c’è una frase scritta da Nora nel suo diario: qualsiasi cosa accada, non voglio il silenzio!





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