Luca e la montagna

Le emozioni ad alta quota, l'incidente, l'amore di una madre, la tesi discussa al posto del figlio

    di Roberto Rosano

L'appuntamento con la mamma di Luca Borgoni è fissato per le 16.00, in un bar del centro di Cuneo. La città è innevata, il Natale è alle porte. Passo di fronte alla Chiesa del Sacro Cuore e mi fermo alcuni istanti sul sagrato, senza sapere il perché. Anzi, lo so benissimo: l'incontro mi dà una certa ansia. Scrivere di certi fatti è assai difficile. Indovinare la misura giusta è uno sforzo inutile. Di fronte alla chiesa, mi è balzato in mente il ricordo di quando ero piccolo, conciato da chierichetto, ed accompagnavo il mio parroco con il secchiello dell'acqua santa per dare l'ultima innaffiata allo sfortunato. Entravamo nelle loro camere, in mezzo a fioriere, candele, drappi, catafalchi... Pianti e lamenti ricordavano le più tragiche scene del san Carlino. Dalle mie parti, il lutto è vissuto in maniera assai vivace, come ogni altra cosa. Una sola volta mi capitò di partecipare ad un funerale silenziosissimo. Me ne scandalizzai, quasi. Poi, d'improvviso, a soggetto, come una Marta Abba, un'anziana e lontana zia del defunto cominciò a gridare: nipote mio! Nipote mio! Salutami le sante anime del purgatorio! Salutami papà, mamma, il compare Tizio, lo zio Caio... Una ragazza molto bella, composta, che stava per salutare il papà per l'ultima volta, si voltò di scatto: zia, per favore, smettila! La fulminò così e sulla stanza cadde il gelo. In quel momento ho capito che il dolore è una cosa seria, da maneggiare con cura, anche se non basta quella d'un filatore di seta... Non basta tutta la cura del mondo.

Signora Giordana, Lei di chi è figlia?

Sono figlia di due giornalisti. Mio padre doveva scrivere un articolo sulla morte di un'infermiera caduta da un motorino. Era la madre di mia madre. Si sono conosciuti così. Questa ragazza viveva il suo lutto con una compostezza che colpì molto mio padre. Gli diede una foto di mia nonna e fu la scusa per rivederla e iniziare a frequentarla. Perciò, se vuole, sono anche figlia di una foto.

So che sua madre sarà un riferimento essenziale per Luca e Giulia, i suoi figli...

Sì, al pari mio. Era una donna di cultura, al passo coi tempi... Per capirci, internet e il computer di famiglia erano a casa sua, nel mio stesso palazzo. Era su instagram, su facebook, studiava coi miei figli. Quando Luca ha deciso di iscriversi all'Università di Torino, ha comprato il suo alloggio. Diceva sempre: voglio vedervi felici quando sono in vita. Un legame incredibile.

E sua madre vi lascia il 28 dicembre 2016, sei mesi prima che...

Sì, sì... Prima che morisse, l'abbiamo tenuta per un mese a casa, in coma. A Capodanno, faccia due conti, era mancata da pochi giorni, insistevo perché Luca andasse a festeggiare con gli amici, ma mi ha detto: no, starò a casa con voi, andrò a letto presto, mi sveglierò alle quattro ed andrò in montagna. Così ha fatto. È salito sul Mondolè per vedere l'alba e mi ha detto: mamma, nonna c'era, ho visto passare una bellissima stella cadente. Questo era Luca. (La cameriera ci interrompe per l'ordinazione). Per me un bicchiere di latte con un po' di cacao...

Per me un tè classico, grazie.  (La cameriera si congeda).

Luca è sempre stato un figlio senza mezze misure. Un figlio degli eccessi, per lui la vita era bianca o nera. Intendiamoci: sempre eccessi in positivo. Nello sport, ad esempio, quando faceva le elementari, gli hanno messo in mano un vortex, una specie di suppostone, propedeutico al giavellotto. Gli hanno detto: lancialo! L'ha lanciato così forte che è rimbalzato quattro, cinque volte. Quando è uscito, l'allenatore dice: questo ragazzo ha una spalla eccezionale! Gli abbiamo comprato il vortex per san Luca ed ha cominciato a lanciarlo. È ancora suo il record provinciale e regionale. Poi dal vortex è passato al giavellotto ed è andato ai nazionali. Ha avuto dei problemi di gomito per cui è arrivato solo quarto, ma quell'anno aveva vinto tutto, tutte le gare che faceva.

Ma il vero amore di Luca non è il vortex o il giavellotto... Luca si innamora delle montagne, di un amore assoluto, dirompente, anche tragico, se vogliamo, come tragiche, del resto, sono le più ardenti storie d'amore della letteratura romantica...

A me la montagna è sempre piaciuta e con mio marito e i miei figli andavamo spesso, ma solo d'inverno. Sci e snowboards, basta, punto. Mio marito poi voleva andare al mare.

Suo marito è di origini napoletane...

Ecco, sarà per quello, anche se lui è assai poco napoletano come carattere... Luca però ha scoperto un altro modo di vivere la montagna, ha scoperto che voleva anche dire andare fuori pista e non solo d'inverno. Mi ha detto: tu mamma mi hai insegnato tutto nella vita. Ma cos'è davvero la montagna te lo insegno io.

E da quel che ne so, l'amore per la montagna era assai corrisposto...

Si è iscritto agli italiani ed è arrivato terzo. Poi ha iniziato ad andare in montagna senza la tavola, lui era uno snowboarder non uno sciatore. L'anno scorso, a gennaio, ha finito tutti gli esami in anticipo per dedicarsi alla sua passione. Ha avuto quarantadue giorni di vacanza mentre gli altri studiavano e ha fatto quarantadue gite in montagna.

Eppure la montagna è fredda, solitaria, domanda tempo, pazienza, forza d'animo, uno spirito sobrio, un corpo temprato alla fatica e noi viviamo al tempo dell'immediatezza, della socialità virtuale. Perché Luca amava tanto la montagna?

Perché come me impazziva per la natura. La montagna non è bella, è immensa, è di più. E poi perché la montagna era una sfida, un ideale da conquistare. A lui è sempre piaciuta di più la salita che la discesa... Io sono certa che, se fosse qui, ti direbbe esattamente le stesse cose.

Accantoniamo un momento la montagna, signora... Ci ritorneremo tra poco. Vorrei chiederle di Lei e di Luca... Madre e figlio...

(La signora Giordana ride di gusto, una risata che mi prende in contropiede). Tra noi c'era proprio empatia, era un'intesa speciale... Non era il classico rapporto tra una mamma apprensiva ed un figlio mammone, no. Noi stavamo insieme perché stavamo bene insieme. Io, il mercoledì sera, visto che ho il giovedì libero, non potevo resistere, andavo a Torino da lui, ma non per controllarlo o fare le pulizie... Per stare con lui e lui con me. Parlavamo di fotografia, dell'allenamento. Lui mi chiedeva: mamma, che dici, va bene questa foto? Sai per metterla su instagram. Noi stavamo bene, proprio bene. Ed anche la tesi, lui: mamma, mi dai una mano? Certo! Io la sapevo tutta, l'avevo fatta con lui. Tu immaginalo, però, decisamente maschile, grintoso, con tutta la sua autonomia. Non immaginare un bamboccione. Lui era un ariete in tutto e per tutto. Molto determinato, molto deciso. Stavamo bene, stavamo proprio bene insieme...

(La cameriera ci porta il tè ed il latte caldo. Cominciamo a sorseggiarli con cautela, per non scottarci la lingua. Cala il buio e l'intermittenza gioiosa delle luci natalizie si accende sulla vetrata che sta alle nostre spalle. Gli occhi della signora Giordana brillano, le guance si infiammano mentre parla di suo figlio). 

Mi è capitato un paio di giovedì di andare a sciare con lui e sai per fare cosa? Per fargli i filmati. Io dietro con la GoPro e lui davanti. Sarà che sono un'insegnante, quindi il mondo dei giovani mi piace tantissimo, ci sto bene... Fino a pochi mesi fa, ero un’adolescente quanto i miei alunni, adesso sono un po' cambiata...

Io devo confessarle che sono in difficoltà. Non riesco a farle delle domande sensate. Mi aiuta?

Ti aiuto. (Sorride teneramente). Ti racconto una cosa che ti servirà a capire chi era Luca. Sai cos'ha fatto il giorno del mio compleanno? Il 5 luglio, tre giorni prima... Tre giorni prima...

Sì...

Mi fa: mamma il compleanno quest'anno te lo organizzo io. Ti rendi conto? Ventidue anni! Dove mi porti? Non preoccuparti! Mia figlia era via, mio marito pure. Siamo andati da soli. Mi ha portato al bivacco, com'è che si chiamava, sì, ecco, il bivacco Boerio, ad oltre tremila metri. Eravamo io e lui. Abbiamo visto il tramonto. Abbiamo consumato una cenetta semplice. Ci siamo dovuti affardellare tra le coperte, tanto era il freddo... Abbiamo visto le stelle e poi Luca ha tenuto che vedessi uno spettacolo a suo dire meraviglioso: l'alba ad alta quota. Dice: speriamo ci siano le nuvole sotto. (Ride). C'erano le nuvole sotto. Adesso vedrai, mamma: quando il sole sorge, le nuvole diventano tutte dorate, ma dura pochi istanti. Mentre mi diceva questa frase, io mi sono detta: se Luca troverà una ragazza col mio carattere questa muore, si scioglie... Mamma, diventeranno tutte dorate - diceva - prepara la macchina fotografica... (Ride). Due pazzi!

Era bravo a coinvolgerla nelle sue emozioni... Io non ne sarei capace e ancor meno lo sarei con mia madre...

Vedi perché voglio parlare con te? Mi devi dire se tu, che hai solo qualche anno più di Luca, avresti un pensiero del genere per tua madre...

No, purtroppo no.

Era unico.

E negli studi, signora, come se la cavava?

Non era un secchione. Adesso parlo da insegnante e non da mamma. Diciamo che ottimizzava al massimo il suo tempo. All'università è sempre stato seduto in prima fila solo per un motivo: apprendere quasi tutto per avere tempo libero per lo sport. È partito con una sfilza di trenta e si sarebbe laureato al primo appello utile.

Una macchina da guerra...

Molto agonista e assai predisposto per le materie scientifiche. Amava i numeri, come la mamma, in special modo il sei e il quattro. Tornavano sempre nella sua vita, perciò ci faceva caso: la stanza d'albergo della gita scolastica, il numero nel registro di classe... È nato il 6 aprile, perciò sei, quattro... E guarda adesso che numero abbiamo? (Il numero dell'ordinazione è il 6. Ride). Io e lui comunicavamo coi numeri, sarà che insegno matematica e lui li ha sempre adorati... Usavamo i numeri anche per le emozioni: Luca sei felice? Senti un po', ma da zero a dieci quanto sei felice? Nove! Ti è piaciuta la festa? Quanto ti è piaciuta? Sei!

Era un tipo solitario, da buon montanaro?

Un po' sì, in certe situazioni amava stare da solo, però anche con gli altri. Era molto selettivo, questo sì. Non sceglieva gli amici in base alla cultura o al livello sociale. Amava stare coi ragazzi con cui condivideva le stesse passioni, l'ingegnere figlio del medico o il contadino di terza media, non faceva la differenza. A Torino non ha mai frequentato molto i compagni d'università perché li trovava troppo figli dei fiori.

Da quelle parti? Non era mai passato per le aule di Palazzo Nuovo allora.

Va là! (Ride di gusto) Però, ha conosciuto tanti ragazzi con lo sport. Lui andava a correre al Valentino e lì ha stretto amicizia con atleti fortissimi della Val d'Aosta, insegnanti, docenti universitari che andavano in palestra, alpinisti...

Suo figlio finisce tutti gli esami in tempi strettissimi e con la puntualità di un orologio di marca svizzera...

Ha la tesi per ultimo. Scadenza ore 15, lui la consegna alle 14.55, per un soffio. Non l'ha fatta rilegare perché diceva: scusa, mamma, la tesi è di sedici pagine e la rilegatura sarebbe più spessa della tesi. Inutile!

Un tipo pratico, insomma...

Sì, molto. Consegna la tesi (io ero con lui) e la sera mi dice: stasera ti porto a sentire Hervé Barmasse, uno degli alpinisti più importanti del mondo, di Valtournenche... Siamo andati a sentire questa meravigliosa conferenza in cui Barmasse ha parlato... Sai di cosa? Del Cervino! Quella sera mi sono innamorata di quella montagna...

E lo credo... Quattromila metri di roccia, una cresta sempre bianca di neve e avvolta dalle nuvole... Un lago per potersi specchiare, come un narciso. Quando lo guardi pensi alle corde, ai calzettoni, agli scarponi, alle leggende che hanno sfidato la vertigine per guadagnarne la cima. Pensi alla Grande conquista di Trenker, ad una meravigliosa copertina dei Depeche Mode e dall'8 luglio di quest'anno... Pensi anche a Luca... Signora, io non saprei come... Mi aiuta ancora una volta?

Ti aiuto. (Sorride). L'8 luglio, Luca aveva partecipato ad una gara di corsa in montagna. Quel giorno ho fatto il tifo per lui... L'ho salutato facendogli il tifo... Finita la gara, però, ha voluto sfruttare l'occasione per salire ancora, da solo. Era affamato di quota, ingordo di altezza. Ci ha detto: aspettatemi giù. Lo stavamo aspettando e nel frattempo abbiamo pensato di scattare qualche foto. Eravamo sereni, quando ad un certo punto alzo lo sguardo e vedo un elicottero del 118. Ho cominciato a piangere come una pazza. Mio marito mi chiedeva perché stessi piangendo ed io ho risposto con una convinzione che oggi non so spiegarmi: perché lì c'è Luca! Allora sono scesa al rifugio Duca degli Abruzzi ed ho cercato una croce che avevo visto salendo. Mi sono accovacciata e lì ho detto le preghiere più intense della mia vita. Sotto quella croce io sono morta...

Come una madonna...

Come una madonna. Io la prego sempre. Le dico: cara Maria, adesso io e te abbiamo una cosa in comune, ma io mi trovo peggio. Tu eri privilegiata, avevi un filo diretto col Cielo, io no. Quindi dammi una mano! Non mi sopravvalutate da lassù, datemi la forza...

Il 21 luglio, Luca avrebbe dovuto laurearsi. Si tratta di pochissimi giorni dopo la scomparsa. Con serena determinazione, Lei ha deciso di discutere la tesi al suo posto...

Certo, la sapevo a memoria. L'avevamo scritta insieme. Mi è sembrata la cosa più naturale da fare. E' stata una festa bellissima. L'aula era gremita di colleghi di mio figlio, alcuni appena laureati con una corona d'allora in testa, di cui Luca non voleva sapere. Mentre parlavo, alle mie spalle passavano le sue immagini. E ti dico ancora una cosa... Si sarebbe dovuto laureare in scienze biologiche. Io mi sono laureata in scienze naturali, però mi decisi a prendere una seconda laurea proprio in biologia. Mi mancavano un paio di esami per finire, ma ho lasciato per dedicarmi al concorso per entrare di ruolo, che era molto più importante in quel momento. Il 21 luglio, ho tirato fuori il libretto di biologia ed ho detto: l'unico corso di studi che non ho finito, forse perché avrei dovuto discutere la tesi di Luca. (Si emoziona visibilmente).

Lei ha commosso il nostro Paese. Ci ha stupiti tutti, signora. Se ne rende conto?

(Si asciuga le lacrime e, in pochi secondi, su scala crescente, sorride, per poi scoppiare in una risata). Salvini ha pubblicato un post che diceva che sono una madre meravigliosa. Il suo popolo si è scatenato. C'era chi mi dava della santa e chi della matta!

In fondo, “santa” e “matta” sono quasi sinonimi...

Ah, ah, ah...

Ho l'impressione che Le faccia un gran bene parlare di suo figlio... Che Le riesca facile...

Oltre ad essere facile per me è bellissimo. Ci sono momenti in cui mi manca il fiato, quando prendo coscienza di quello che è successo, sento una lama nel cuore. Qua, tam! Signor filosofo, sai che vuol dire perdere un figlio? Mi auguro che tu non lo sappia mai. Ma oggi, mi hai fatto un regalo, per me è una giornata bellissima. Io so che finirà questa cosa, finiranno le interviste su Luca, per forza. Sono già un po' triste se ci penso. Vedi, quando ho un appuntamento per parlare di Luca, io...per tutto il giorno sto bene.

Be', quando e se sarà, me lo faccia sapere. Io La chiamo e facciamo un'intervista, inter nos, che ce m'porta! C'è sempre qualche giornale a corto di storie!

(Ride). Devo farti conoscere mia figlia perché sei troppo simpatico.

L'ho vista da Maurizio Costanzo, sua figlia: incantevole.

Grazie. Ah, ah, ah... Giulia è la nostra forza. Dobbiamo ringraziare lei se non siamo in ginocchio, se riusciamo ancora a rimanere aggrappati alla vita. Per preservare la sua giovinezza, continuiamo a vivere. Non ci siamo ancora stufati di vivere. Giulia ha solo diciotto anni.

Luca aveva un sogno, vero? Un sogno strambo, ma comprensibile. Sognava di conquistare la settima vetta più alta del mondo: il Dhaulagiri, in Nepal.

Si fissava sempre degli obiettivi strambi, che all'inizio ti facevano ridere e alla fine la spuntava sempre. Ho deciso, mamma, vado sul Dhaulagiri! Noi avevamo una paura tremenda. Io non sono per niente apprensiva, credimi, non ho mai avuto paura di nulla, ma della montagna sì. Gli ho detto: se vai sul Dhaulagiri io muoio, perciò i soldi per farlo non te li do. Era l'unico modo per impedirglielo. E lui, testardo: mamma, tranquilla, io faccio un concorso europeo, Mountopia. Bisogna postare delle foto e a me piace, bisogna mostrare quando ti alleni. Due giorni dopo la sua morte ci è arrivata la notizia che aveva vinto quel concorso, che prevedeva la sponsorizzazione totale di tutto il materiale più 8.000 euro con cui avrebbe potuto toccare quella cima.

Ma so che alla fine hanno portato una foto di Luca su quella montagna. E so anche che molti amici continuano a dedicargli le loro imprese, ad emozionarsi anche per lui...

Sì, potrei raccontarti molte cose, ma, per mancanza di tempo, ti racconto di Chiara.

E chi è Chiara?

Chiara è stata l'ultima persona ad aver visto mio figlio. Gli ha scattato una foto, la sua ultima foto, ed è ridiscesa lasciandolo proseguire da solo. Pochi giorni dopo la scomparsa, Chiara voleva fare una gara a Courmayeur, sul Monte Bianco, ma è arrivata in ritardo per le iscrizioni. Ha visto che tra i partecipanti c'era anche Luca. Allora, mi ha telefonato e mi ha detto: io ho visto che Luca era iscritto, mi vendi il pettorale? Le ho detto: vendertelo? Io te lo regalo! Ha chiesto il permesso all'organizzazione di gareggiare al suo posto. Ha gareggiato. Dice che aveva una carica, un'adrenalina. La gente sapeva che aveva il pettorale di Luca, così la incitava...

E scommetto che è arrivata prima...

Prima assoluta delle donne. Record!





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