Sistema calcio, Italia al capolinea

Dopo il terremoto Juve e' il momento di costruire un business 'etico' e senza inganni

    di Davide Martino

In Italia monta la polemica faziosa e troppo distante dalla realtà tra i pro e gli anti Juventus, mentre il resto del mondo fantastica per un Mondiale, mai troppo amato, ma egualmente capace di regalare sorprese, emozioni e anche piccole favole extracalcistiche. La tristezza e il vuoto causato dal terremoto Juventus ha aperto la solita diatriba tra sostenitori e antichi nemici della società torinese che senza costrutto, ma soprattutto senza conoscere i documenti e le indagini della Procura di Torino, si stanno sbilanciando in analisi raffazzonate per il solo gusto di esprimere opinioni.

La Juventus rappresenta il vertice del movimento nazionale, ma mai come in questi ultimi 20 anni è stata al centro di scandali e nefandezze che ne hanno fatalmente minato il lustro del passato e implicitamente abbia minato anche l'intero movimento nazionale, notoriamente trainato dal club bianconero. Siamo difronte ad accuse pesantissime che non possono essere oggetto di analisi in questa fase preliminare, ma che comunque certificano la pochezza del calcio italiano intriso oramai di logiche fraudolenti e non certo di valore e merito. Questo perché non può essere la sola Juventus la mandante di un sistema economico oramai collassato.

Come possiamo pretendere di ottenere risultati importanti e costanti nel tempo se le logiche delle società più importanti in Italia veleggiano tutte nel tentativo di aggirare le norme con strumenti finanziari fantasiosi o artefatti che non c'entrano nulla con il vero messaggio della disciplina sportiva. Il 2006 avrebbe dovuto azzerare il sistema impedendo l'implosione in cui stiamo vivendo, ma consentendo, seppur con sacrifici e difficoltà di riaccendere la passione sportiva con il sano valore della fatica e della ricerca dell'obiettivo.

Al contrario siamo difronte a un sistema radicato al vertice ed esteso a macchia di leopardo tra tantissime società professionistiche che hanno costantemente cercato di fare business, senza saper fare business. L'Italia del pallone si è prefissato quale unico scopo quello di restare in scia ai campionati Europei più importanti, ma agendo nel modo più errato. Barando. Eppure l'insegnamento tedesco e quello francese, per restare a pochi km dai nostri confini, hanno dimostrato che la capillare organizzazione del settore giovanile, volto a esaltare il valore del singolo e l'inclusione delle razze, ha prodotto eccellenti campionati locali, senza iperboli economiche incontrollate, oltre a fantastici risultati nazionali. Siamo nella fase ancora preliminare delle indagini, ma se tutte indiscrezioni verranno confermate c'è solo un obiettivo da raccogliere in fretta. Quello di ripartire dal punto zero, con l'azzeramento integrale del trito vertice governativo calcistico. Anche il business si deve saper fare.

Come detto, in parallelo il mondo scopre che Messi a 35 anni suonati può ancora determinare un mondiale, che la Croazia con i suoi quattro milioni di abitanti ha prodotto una generazione incredibile, che la Francia resta la squadra da battere, con grande merito di Deschamps che ha saputo rimodellare l'ultimo gruppo vincente, con un sapiente mix di giovani stelle e che il Marocco ha fatto la storia di un continente che vuole legittimamente sognare anche per il futuro.

Il mondiale, seppur contestato nella sua organizzazione e amaro per noi italiani, resta sempre di un fascino unico per le mille sfumature che regala. Ma oggi non c'è ancora un passaggio di consegne che l'età imporrebbe. Il nuovo prototipo di calciatore bionico identificato in Mbappe (oltre che Haaland) è ancora alla ricerca della definitiva consacrazione perché il vecchio e romantico Leo Messi, guidato dall'intervento divino di Maradona, non molla dimostrando di volersi consacrare nell'eternità delle divinità calcistiche.

Il resto è tanto altro. Il resto è un Cristiano Ronaldo oramai vittima del suo egocentrismo, così come una nazionale inglese che paga la scarsa conoscenza della vittoria. Il resto è il Brasile che dovrebbe abbandonare l'atteggiamento altezzoso di Neymar per riappropriarsi della gioia del gioco ballato, la favola dell'Arabia Saudita che perde come al solito, ma vince una partita che equivale all'intero torneo. Il resto è soprattutto il Giappone che ereditando le lezioni dei profetici manga degli anni '80 e '90 riesce nell'impresa di eliminare Germania e Spagna lasciando le meravigliose immagini di civiltà del suo popolo. Quelle dai cui dovremo ripartire per abbandonare definitivamente le logiche dell'arrivismo a ogni costo.

Il resto è una finale, forse attesa, tra Francia e Argentina, tra il vecchio che non molla e il nuovo che avanza inesorabile alla conquista di tutto, mentre il Napoli lento pede riprende la preparazione e soprattutto le vittorie, seppur in amichevoli.

W il calcio romantico. W il calcio vero, quello costruito con fatica e merito, senza l'inganno.





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