LIBRI Quarantacinque
La nuova raccolta poetica di Massimiliano Cicoria (Terra d'Ulivi Edizioni)
di Enza Silvestrini
Come nella precedente raccolta, anche in Quarantacinque il verso si muove in verticale scavando nel suono una melodia dissonante, sincopata. Senza ripartizioni interne, le poesie sfilano dritte come lame in un’estrema variazione ritmica che va da versi lunghi (superiori alle undici sillabe care alla tradizione) a versi brevissimi che sfumano nel sussurro di un solo suono, di un solo segno grafico (come “i”). Le forti inarcature separano persino articolo e nome dando alla poesia una partitura metallica.
È un movimento sonoro che restituisce il significato di segni con la funzione di riavvolgere il tempo fino ad arrivare a un principio, all’origine del tempo stesso, oltre il caos del presente. Per questo, la raccolta si apre con il nome e la figura di Borges che, in bilico tra l’incipiente cecità e la luce, diventa figura della profondità dello sguardo. Esplorato il “fuori” nei suoi aspetti reali o nei suoi rimandi metafisici, lo scrittore argentino, sorpreso dal poeta, si rivolge al “dentro”, alla casa, dove pone il suo aleph, il principio, per poi scoprire che il principio è fatto da divieti morali (Il / principio fu / di non uccidere, di non / spostare il confine, di non / desiderare la donna d’altri; il / principio fu / di / non.), da una conoscenza negativa scolpita nel “non”. A questa poesia che segna l’incipit, Massimiliano Cicoria consegna la sua visione del mondo concentrata nell’espressione “parete verticale”. Su questa parete l’uomo si muove tra voli e precipizi, teso tra il desiderio dell’altrove e l’esigenza di approdare a una conoscenza certa scandendo il tempo i numeri con esattezza, con razionale precisione matematica (si pensi al titolo).
Un’ostinata volontà di comprendere, spinge a interrogarsi sulle categorie del reale (come la persistenza, la gravità, la differenza tra la parte e il tutto), ma questa conoscenza che sembra dare certezze si confronta continuamente con la vita, con un universo di relazioni che nel testo è segnato soprattutto dai soggetti logici delle poesie (noi, io-tu). In essi, talvolta, questa certezza sembra sciogliersi: Ma ti / riguardo e / nulla so di / vero / tranne che / te. Anche nella ricerca poetica la gravità perde peso, il tempo può essere sovvertito in modo che Nei / diversi / luoghi della terra poggiai il / peso del / sole, dei pianeti e della mia / meravigliosa / inquietudine. Qual è dunque la conoscenza essenziale? Quella che permette di vivere? È la domanda di fondo che non può avere risposta. Resta il rapporto tra il silenzio e la parola nella persistenza della parola zittire (ripetuta più volte) e il suono che unisce la fine al / ricordo dell’inizio.