L'armonia perduta

In scena al Ridotto del Mercadante i testi di Raffaele La Capria

    di Teresa Mori

Dopo il grande successo di Il mare non bagna Napoli di Annamaria Ortese, giunge al Ridotto del Mercadante un nuovo carosello di allestimenti scenici nati da narrazioni partenopee.

Si tratta di L’armonia perduta. Dalle opere del novantaduenne Raffaele La Capria che, seguendo lo stesso format usato con Il mare non bagna Napoli nella passata stagione teatrale, propone la sala del Ridotto come spazio compatibile alla sua realizzazione.

Cinque nuovi allestimenti di altrettanti testi di Raffaele La Capria su Napoli, diretti da cinque registi: Luca De Fusco, Francesco Saponaro, Andrea Renzi, Claudio Di Palma, Paolo Coletta.

Per questo progetto il Teatro Stabile di Napoli si impegna ad incoraggiare il teatro napoletano contemporaneo coinvolgendo un team di registi distinti per stile, sensibilità e formazione.

Tutti e cinque hanno cercato di mettere in scena i temi offerti dalla scrittura di La Capria trasformando la narrativa in recitazione e drammaturgia.

Tutte le cinque opere sono ambientate a Napoli, la città dove l’autore di Ferito a morte è nato nel 1922, che attraversa e ispira la maggior parte del suo universo creativo.

Oltre L’amorosa inchiesta e Guappo e altri animali andati in scena al Ridotto durante il mese di gennaio, abbiamo La neve del Vesuvio, drammaturgia, regia e interpretazione di Andrea Renzi, in scena dall’11 al 16 febbraio; Letteratura e salti mortali, drammaturgia, regia e interpretazione di Claudio Di Palma , in scena dal 25 febbraio al 2 marzo; Fiori giapponesi, drammaturgia, musica e regia di Paolo Coletta con Mario Autore, Daniela Fiorentino, Massimiliano Fo e Mercedes Martini, in scena dall’11 al 16 marzo. Collaborano a tutte le cinque messe in scena: Luigi Ferrigno per le scene, Zaira de Vincentiis per i costumi, Gigi Saccomandi per il disegno luci.

L’armonia perduta scritta da Raffaele la Capria nel 1986, è un’incantevole passeggiata narrativa fra libri propri e altrui, in cui si descrive la rivoluzione giacobina del 1799 a Napoli, la guerra fra plebe cittadina e borghesia colta, e per finire la nascita di una cultura identitaria affascinante ma immobile.

Lo scrittore parla e racconta di nostalgia, della luce e del buio portati dalla ragione e del terribile sentimento della perdita di qualcosa o qualcuno amato che si continuerà a cercare per tutta la vita.

Anche Giorgio Bocca lesse La Capria e dalle pagine dell’ Espresso di qualche anno fa diceva: “Lo scrittore La Capria ha elaborato una sua teoria per mettere d’accordo la Napoli della borghesia colta ed europea e quella della camorra sanguinaria e selvaggia”. Il giornalista liquida le tesi espresse nel libro sulla napoletanità come “eleganti ma consolatorie”.

Armonia perduta intesa come esperienza vissuta, quindi nostalgia. Nostalgia per ciò che si è stati e non tornerà o per un paesaggio perfetto, quello della Napoli che l’autore ricordava aver visto da bambino deturpato e cambiato per sempre nell’aspetto e nell’essenza.

Tuttavia di questo sentimento di nostalgia la letteratura si è sempre fatta carico sin da Leopardi; come ha detto la stessa Ortese, quando si tratta di letteratura vera non è che “memoria di patrie perdute, malinconia dell’esilio”.

Brevi ma intense le scene tratte dai racconti di La Capria, tutte articolate attorno al ricordo, alla narrazione di ciò che stato, alla memoria.

Progetti ambiziosi che prendono le mosse da testi curiosi e singolari: racconti che nelle intenzioni dell’autore sbocciano in modi e forme differenti a seconda della personalità, del carattere e dell’emotività del lettore o in questo caso spettatore.





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