'O strummolo, trottola della fanciullezza

Quel gioco di una volta tra ricordi e sfide per strada

    di Amedeo Forastiere

‘O strummolo è in poche parole una piccola trottola di legno. Ci viene direttamente dal greco stròbilo, dando il nome del vulcano Stromboli. Basilio Puoti, grammatico, lessicografo e critico letterario italiano, definì così nel 1841 lo strummolo: "Strumento di legno, a figura simile al cono con un ferruzzo piramidale in cima, col quale strumento il fanciullo gioca facendolo girare con una cordicella avvoltagli intorno". Giurleo Prota diceva: "Il gioco della trottola di legno è antichissimo e i fanciulli napoletani lo giocano in diverse maniere: a lo rotiello, a tozzamuro, a porm’a tuzzo, a battare, a spaccastrommola".

Questo gioco antichissimo è ancora molto vivo nei miei ricordi, come lo è il divieto assoluto di mio padre che lo considerava il passatempo degli scugnizzi. Ragazzi che vivevano nei piccoli bassi dei vicoli stretti del quartiere Sanità. Non avendo spazio giocavano per strada, sui marciapiedi, o nelle piazzette. Per cui era considerato da mio padre un gioco volgarissimo. In tutte le cose che si vietano ai bambini, si accendono trasgressione e la curiosità, “ O’ voglio fa pur'io”. La trasgressione al divieto di mio padre prese anche me. Quel gioco particolare, veloce, fatto di abilità, astuzia, fuori dalla norma dei giochi consentitoci, volevo provarlo. Fuori dalla scuola c’era uno spazio molto grande, ben levigato, ho provato tante volte, ma non ero bravo, perché occorrevano una certa praticità e sveltezza nel lanciarlo facendolo liberare dalla funicella. Ricordo di un ragazzo nella mia classe si chiamava Ciro. Scuro di carnagione, capelli e occhi neri. Aveva sempre le mani sporche. Lo strummolo in una tasca dei pantaloni larghi e stropicciati non mancava mai, come nell’altra tasca e ritrattiell. (piccole figurine dei calciatori).

Restavo incantato quando Ciro faceva girare ‘o strummolo nel palmo della mano senza farsi male, la punta di metallo che girando aveva l’effetto del trapano. Le mani di Ciro (Ciruzzo) avevano il callo originale dello strummulisto. Si organizzavano delle vere e proprie gare, chi riusciva a farlo girare per più tempo vinceva qualcosa, spesso era una moneta. Il perdente oltre a pagare il pegno, doveva sottomettersi alla violenza che il vincitore gli  praticava sullo strummolo

Consisteva nell’infierire con la punta di metallo sul legno, fino a provocargli delle lesioni, rendendolo a tiriteppola, che gli impediva di girare veloce. ‘O strummulo non è era solo un gioco, ma anche oggetto di ilarità, entrando a far parte del linguaggio partenopeo in modi di dire, come:‘a funicella corta e ‘o strummulo a tiriteppela, (lo spago è corto è lo strummolo sbanda da tutte le parti) una combinazione di cose che non funzionano, oppure si può riferire alla persona incapace, che non è in grado di svolgere il proprio compito. Vedimmo si è ‘o strummulo o ‘a funicella (cerchiamo di capire cos’è di preciso che non funziona). C’è anche un legame tra lo Strummulo e lo Schignizzo? E’ presto detto, spiega ancora Prota, dopo la sconfitta, veniva praticato 'o scugnamm’, da latino scugnia da questo, molto probabilmente, deriva il sostantivo scugnizzo.

Nella memoria dei bambini napoletani ormai cresciuti, è sempre vivo lo strummolo. Viaggiare con la mente verso quei tempi ormai lontani, la strada sgarrupata, rappresentava un parco giochi e dietro ogni angolo si assaporava la meraviglia di una scoperta. Fuori dalle mura domestiche, lontano da questa tecnologia cha ha imprigionato la creatività infantile, esisteva un piccolo mondo antico, nel quale ogni oggetto era il mezzo per un nuovo gioco. L’immagine di una Napoli chiassosa e affollata di scugnizzi, di panni stesi al sole sui tanti balconi negli stretti vicoli, come bandiere dai mille colori, consumate e bucate da tante battaglie, ma sempre pulite, incantavano lo spirito del viaggiatore.





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