Cina. Un nome che oggi, nel bene e nel male, è sempre più al centro dei riflettori. Un vulcano, pronto ad esplodere e a conquistare il mercato mondiale. Questo paese sembra impersonificare l’immagine simbolo che lo distingue. Con volo rapido e occhio acuto, sta volando sul mondo. Proprio come un dragone.

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Cina, la caccia del dragone

L'impero cinese sempre pronto a conquistare il mercato mondiale

    di Mario Paciolla

Cina. Un nome che oggi, nel bene e nel male, è sempre più al centro dei riflettori. Un vulcano, pronto ad esplodere e a conquistare il mercato mondiale. Questo paese sembra impersonificare l’immagine simbolo che lo distingue. Con volo rapido e occhio acuto, sta volando sul mondo. Proprio come un dragone. La Cina è il paese con i più alti scompensi geografici del pianeta: un miliardo e mezzo di persone, a fronte di un territorio per un terzo desertico, che possiede solo il 9% delle terre abitabili e una penuria d’acqua di drammatica rilevanza. Per non parlare degli altissimi tassi d’inquinamento. Uscita dall’inferno del periodo maoista, il paese si è messo al passo coi tempi. È diventata la prima latifondista del pianeta. Per sopperire alla mancanza di territori, va a caccia di grandi terreni agricoli da comprare in tutto il mondo. La Repubblica Popolare di certo non rischia le carestie che la affliggevano ai tempi di Mao. La nuova strategia di mercato si proietta su tutti i continenti, per assicurasi la spesa alimentare: sorgo in Messico; soia, zucchero e mais in Brasile; bestiame, allevamenti bovini, latte e formaggi in Argentina, Nuova Zelanda e Australia; palma da olio per biocarburanti e legname in Indonesia e Malesia; riso in Thailandia; patate in Uganda; miglio, semi e arachidi per olio in Nigeria. Una spesa di dimensioni globali. La tattica è questa: “Pechino spinge le grandi società agroalimentari cinesi ad investire nell’acquisizione di superfici coltivabili in tutto il mondo, contando sull’appoggio sia finanziario sia diplomatico per superare le resistenze dei governi stranieri e accaparrarsi terreni agricoli” (da La Repubblica del 11/05/08). Il problema è che “la Cina rifiuta di unirsi alla condanna della corruzione e degli abusi sui diritti umani” (V. Walt). Sempre più spesso, il governo cinese utilizza l’arma diplomatica della ‘non ingerenza in affari di altri paesi’ , per coprire forti interessi di natura economica e la facciata di paese non-coloniale. È il caso della Birmania e del Darfur. Dipendente per la maggior quota di importazione di petrolio dal Sudan, la Cina ha utilizzato il seggio permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare le accuse di genocidio per i massacri compiuti, mosse contro il governo del paese africano. La stessa azione diplomatica è stata attuata anche nei confronti della Birmania. Paese dal quale la Cina, solo nei primi mesi del 2007, ha fatturato capitali per quasi un miliardo e mezzo di dollari. Per guadagnarsi la collaborazione con questi regimi, Pechino ha argomenti persuasivi: in cambio di risorse energetiche, il governo mette a disposizione migliaia di operai cinesi a buon mercato, utili a costruire strade, ferrovie, aeroporti e ospedali, con la promessa di una nuova modernizzazione. I cinesi hanno regalato e costruito il tetto per la nuova residenza di Mugabe, presidente del Sudan, costata 9mld di dollari. Senza dimenticare le forniture di armi.Negli scorsi mesi il governo ha dato una sferzata alla propria politica. Da un lato per riposizionarsi come convitato ben accetto al tavolo dei grandi. Dall’altro perché a breve ci saranno le Olimpiadi. C’era una volta una graziosa donzella dagli abiti rossi, aggraziata e curiosa, in tutto quello che faceva. Troppo saggia o troppo ingenua, un giorno scoprì la polvere da sparo. Passò interi mesi a collaudare e a preparare casse piene di quella nuova miscela. Sopraggiunse il Capodanno cinese e la giovane fanciulla mostrò a tutti la sua geniale scoperta: fuochi d’artificio per colorare il cielo di festa. Adesso la fanciulla è cresciuta…speriamo solo che, come si fa da grandi, non abbia imparato a raccontare bugie.





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