Mitoraj a Pompei

Le opere dello scultore polacco fino all'8 gennaio 2017 popolano le strade della città antica

    di Mariangela Ranieri

«Dèi ed eroi mitologici popoleranno le strade e le piazze della città sepolta dal Vesuvio, emergendo come sogni dalle rovine. Simboli muti e iconici, le opere di Mitoraj ci ricordano, nella loro immanenza, il valore profondo della classicità nella cultura contemporanea. A Pompei, come scrive Théophile Gautier nel 1852, “due passi separano la vita antica dalla vita moderna”». Queste le parole di Massimo Osanna, Direttore Generale della Soprintendenza di Pompei in occasione della realizzazione del «folle sogno di Igor»: "Mitoraj a Pompei" dal 15 maggio 2016 all'8 gennaio 2017. Un grande evento ideato e promosso dalla Fondazione Terzo Pilastro - Italia e Mediterraneo, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, e organizzato dalla Soprintendenza di Pompei, dalla Galleria d’arte Contini (Venezia – Cortina d’Ampezzo) e dall’Atelier Mitoraj (Pietrasanta).

Mitoraj era ossessionato dal potenziale espressivo insito nella frammentazione delle statue classiche. Queste stesse statue venivano scolpite nell'Antica Grecia e dovevano in qualche modo ricordare, e soprattutto celebrare la perfezione e l'invincibilità umana. Purtroppo però, la forza cieca di kronos si è abbattuta su statue, templi e monumenti, tanto che, talvolta, non restano, appunto, che frammenti. È probabile inoltre, che questa passione/ossessione sia nata dalle macerie della sua storia, ed in parte della nostra. Igor Mitoraj nasce infatti verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, nella Germania nazista; il padre, francese, era prigioniero di guerra e la madre, polacca, era stata deportata dal suo Paese natale e condannata ai lavori forzati. Ecco che «la polvere del '900» offusca i ricordi, e al tempo stesso li rafforza, perché il ricordo ha due volti, si veste da monito e nostalgia. Incatenato quindi, Igor, al fascino dell'arte classica, rivede in questi antichi frammenti «la perpetua battaglia umana tra vulnerabilità e sopravvivenza».

Ikaro Caduto è forse il simbolo di questa estenuante battaglia, all'eroe, infatti, non rimangono che piccole parti delle sue forti ali, sopravvissuto, ma più che mai vulnerabile, più che mai debole, perché non potrà più volare. Non gli rimane, ancora una volta, che la rimembranza, dolce e crudele, come l'alluvione che lo ha trascinato al suolo.

«Gli Scavi di Pompei accolgono, oggi, le monumentali sculture di Mitoraj così come la scenografia di un teatro accoglie la performance dei suoi attori. È un connubio di bellezze ormai sperimentato, che fa dialogare la storia antica con il linguaggio artistico contemporaneo, in una simbiosi perfetta tra antico e moderno. In questo, Mitoraj è stato un maestro: il suo stile, infatti, anche se decisamente radicato nella tradizione classica con una svolta post-moderna, attinge al patrimonio storico del Mediterraneo, concepito come mare d’incontro tra popoli, civiltà e culture». Sono infatti incontri, incontri silenziosi tra anime perdute, in terre forse lontane da Pompei, in tempi che oggi non possiamo far altro che ricordare, vittime, comunque, di una forza improvvisa, inermi contro il fuoco della natura, o dell'uomo.





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