Ritratti napoletani:Toto'

Insuperato, insuperabile: curiosità, opere, passioni e magie del Principe della risata

    di Armando De Sio

Sberleffo, estro, satira, gags e poesia. Queste sono le parole che meglio possono descrivere il principe Antonio de Curtis, un discendente degli imperatori di Bisanzio che è noto a tutti noi con il nome di Totò. Nato il 15 febbraio del 1898 da Anna Clemente e da Giuseppe de Curtis, che lo riconoscerà solo molti anni dopo e quando il comico ha ormai un successo straordinario, il piccolo Antonio nasce e cresce nel Rione Sanità, dove viene soprannominato ‘o spione: conosceva le marachelle di tutti ed arrivava anche a pedinare chi lo incuriosiva per qualche atteggiamento, cominciando a dare già i primi saggi della sua arte. Nel 1913, giovanissimo, iniziò a frequentare i teatrini periferici esibendosi in macchiette e imitazioni del repertorio di Gustavo De Marco, un interprete napoletano dalla grande mimica e dalle movenze snodate, simili a quelle d'un burattino. Comincia la strada che lo porterà prima nella rivista, nella prosa ed infine al cinema, con 97 film all’attivo.

Tantissimi sono gli aneddoti che si tramandano sul Principe della risata. Forse non tutti sanno che la celeberrima battuta, diventata poi il titolo del film “Siamo uomini o caporali?” è ispirata a una persona realmente esistita. La parola "caporale" per Totò era il massimo insulto possibile da indirizzare a un altro essere umano. L'origine di questa vera e propria fissazione è da ricercarsi negli anni in cui il giovane Antonio si arruolò militare. Dopo vari trasferimenti e dopo aver utilizzato le sue doti attoriali per fingersi epilettico e non partire al fronte, fu assegnato all'88° Reggimento Fanteria "Friuli" di stanza a Livorno, e conobbe il famoso caporale. Pare che il graduato fosse particolarmente fastidioso e inviso ai più, ma che con questo giovane attore si accanì in modo particolare, rendendolo oggetto di soprusi e bassezze gratuiti. Da allora per il Principe, un caporale non è un uomo, ma l’infame per eccellenza.

Sotto il Fascismo, Totò come molti altri artisti contrari al potere vennero tenuti sotto osservazione dalla censura e non solo. In particolare, durante le repliche della rivista "Fascino" (particolarmente invisa al regime per il gioco di parole Fasci-no) furono molte le retate e le volte in cui la polizia lo attese alla fine dello spettacolo. Avvisato da alcuni lavoratori del teatro, Totò scappava da un'uscita laterale e andava a rifugiarsi nel suo loculo, al cimitero. Solo pochissime persone molto fidate sapevano che ne possedeva uno. Totò era amato da tutti i grandi artisti dello spettacolo italiano, ma un rapporto speciale lo ebbe con i De Filippo. Se con Peppino e Titina girò tante pellicole, con Eduardo Totò fece un solo film “Napoli milionaria!”, non chiedendo compenso. Eduardo, colpito da questo gesto, mandò alla moglie del Principe una collana di Bulgari accompagnato da un biglietto, nel quale afferma: “Ogni qual volta penso a te, Amico, […] ho l’impressione di non essere più solo nella vita”.





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