LIBRI Specchio a tre ante
Invito alla lettura del nuovo romanzo di Annella Prisco
di Mario Vittorio D'Aquino
“Lo specchio riflette esattamente ciò che vede: non sbaglia perché non pensa”. Questo è un famoso aforisma dello scrittore brasiliano Paulo Coelho (autore, tra i tanti, del romanzo L’alchimista): esso è quindi un oggetto quasi mistico nel quale è concentrato il percorso della vita, i successi, gli errori, i fallimenti, le gioie, momenti riflessi – cinicamente – da una vetrata. Si può intendere come quell’amico intimo e personale che ti ritrovi sempre e non ti nasconde mai la verità. Nelle tradizioni, lo specchio ha ricevuto diverse chiavi di lettura: è spesso legato al tema del doppio, dell'universo alternativo o del mondo alla rovescia, della bellezza e della divinazione. Ma è in quella giapponese che riceve un significato ancor più profondo: il kagàmi è riflesso della sincerità, della purezza, il contenuto del cuore e della coscienza; rivelatore della verità, nulla gli può essere nascosto: esso trasmette tutto ciò che è racchiuso nell’animo. Persino nella religione shintoista, lo Yata no Kagàmi ha una sfumatura di incredibile rilevanza, poiché è uno dei tre sacri tesori che costituiscono le insegne imperiali del Giappone e lo si ritrova in molte case tipiche del Sol Levante. Ma lo specchio è anche l’oggetto di ispirazione del nuovo romanzo "Specchio a tre ante" di Annella Prisco pubblicato nel 2020 (Guida Editori).
L’autrice descrive un’accentuata delicatezza e una profonda intimità racchiuse nella protagonista Ada, la quale è in procinto di compiere un viaggio, che nel flusso del racconto è inteso come percorso “di vita” e ricerca della propria identità. Nel brano sono presenti due tempi verbali che cadenzano i flashback, i ricordi, il vissuto non sempre roseo di Ada che, con l’incredibile capacità narrativa della scrittrice, è come se rimanesse incastrata in una dimensione parallela dovuta alla funzione “sdoppiatrice” dello specchio della sua camera. L’ambientazione varia tra Roma, Firenze e il Cilento, nello specifico Acciaroli, il locus amoenus nel quale riaffiorano le vicende dell’infanzia ora dolorose, ora educative e ora felici, in un equilibrio di sensazioni e umori coinvolgenti.
Il racconto, squisitamente contemporaneo nei modi e nei tempi, riesce a presentarsi chiaro e scorrevole a qualsiasi lettore che si vuole godere un’esperienza narrativa con un significato nascosto, custodito nell’animo di Ada, ma non per questo frivolo, o peggio superficiale. Attraverso l’utilizzo di simboli, che si manifestano parte integrante della narrazione, la Prisco punta – non a caso – sullo specchio a tre ante, l’oggetto che per antonomasia riflette l’abisso dello stesso Io, il nostro vissuto, il presente che stiamo vivendo e l’avvenire incerto che sarà. Manager della cultura, promotrice di eventi di caratura regionale e nazionale, la Prisco è anche vicepresidente del centro studi “Michele Prisco” dedicato a suo padre, vincitore del Premio Strega nel 1966. La scrittrice ha fatto il suo esordio nel mondo della letteratura nel 1998 con il romanzo "Ricordi senza memoria", con la collaborazione di Monica Avanzini. Ma è con "Appuntamento in rosso" (2012) che si aggiudica il primo meritatissimo premio – un “Mario Pannunzio” – nel 2017.