Lasciate che i bambini vengano a me

Davide Astori, una morte carica di dolore, difficile da comprendere

    di Amedeo Forastiere

Alla notizia della morte di un giovane, anche se non lo conosciamo ci rattristiamo. Ancor di più quando lascia una giovane compagna con una bambina di due anni che non avrà nessun ricordo del padre. La scomparsa del capitano della Fiorentina, Davide Astori, ha commosso non solo il mondo del calcio, ma anche quelli che col pallone non hanno nulla a che vedere. Erano in migliaia a piangere, al funerale.

Premesso che la morte è l’unica cosa certa che ci accadrà nella vita, i figli sanno che prima o poi andranno ai funerali dei genitori. Certo ognuno di noi si augura accada il più tardi possibile, in modo da sentirsi sempre figli e poter dire: vado a trovare mamma e papà. Quando si perdono entrambi diventiamo vecchi, perché smettiamo di essere figli. Al contrario i genitori, tutti, non pensano mai ai funerali di un figlio, anche nel caso in cui sia afflitto da una brutta malattia, sperano sempre nel “miracolo” del santo di turno invocato.

Se poi dovesse accadere, allora c’è stato qualcosa che non ha funzionato, diciamo nell’ecosistema divino. Qualcuno lassù si è distratto o si è confuso, come accade nei delitti di malavita con lo scambio di persona, e a rimetterci la vita è il povero giovane che non c'entra niente con la morte, quello che aveva tanta voglia di vivere, tanti progetti e la responsabilità di crescere i propri bambini.

Di fronte a queste disgrazie ci poniamo inevitabilmente una serie di domande, interrogativi senza risposta. Qualcuno cerca di dare una lettura, spesso religiosa, ma farebbe meglio a stare zitto e rispettare il dolore dei genitori.

Ho un carissimo amico, Francesco, che ha perso in un incidente stradale il primogenito di 30 anni. Io lo conoscevo, e senza togliere merito a nessuno, era il figlio che tutti i genitori avrebbero voluto avere. Bello, alto, simpatico, intelligente (una laurea in economia e commercio), dirigente di una grossa multinazionale, sposato e con un figlio di quattro anni. Il mio amico mi raccontava che al funerale, lui e la moglie, sottobraccio, seguivano l’auto che portava il figlio al cimitero, senza rendersene conto. Seguivano come se fossero al funerale di un caro amico anziano. Era la realtà contro natura.

Il nipote di Francesco, con lo stesso nome del nonno, oggi è un uomo, spesso gli parlano del padre, raccontandogli quello che faceva quando aveva la sua stessa età. Il giovane sorride, ma non ha nessun ricordo del genitore. Quattro anni aveva, quando la distrazione divina gli scippò per sempre la parola papà… Per i figli maschi il padre è l’esempio dell’uomo forte da imitare, l’eroe pronto a difenderlo, basta chiamarlo: papà aiutami, papà dai, papà, papà… e lui arriva sempre in soccorso del figlio. Tutto normale, come è scritto nella legge della natura.

La scomparsa di Davide Astori (al vaglio dei medici per l’autopsia, al fine di capire, stabilire come sia potuto accadere il trapasso dal sonno alla morte) pesa per tutto questo. È una tragedia che vede coinvolti i genitori, che vivranno fino all’ultimo giorno della loro vita un dolore immenso per una ferita che mai si rimarginerà. Una giovane donna, che perde l’amore della sua vita. Una bambina di appena due anni, che non potrà mai più chiamare il papà, il suo primo amore, come per tutte le bambine di quell’età

Il Vangelo secondo Matteo (Mt 19,13 – 15) recita:

Gesù disse – Lasciateli, non impedite che i bambini vengono a me!

Una forma di protezione per i bambini orfani? Non sarebbe meglio farli vivere con i propri genitori, poter chiamare fino all’età adulta e oltre: papà, mamma.

Ragazzi, alla prossima.





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