La ciclosofia di Troisi

Vent'anni fa moriva l'artista napoletano. Così lo ricordiamo

    di Max De Francesco

Non è un caso che l’oggetto che meglio ricorda Massimo Troisi - e che più di altri «circola» nell'immaginario a vent'anni dalla morte - sia una bicicletta. Non da corsa, ma una di quelle sgangherate e da battaglia che ha ancora tra le ruote l’antica voce dell’ingranaggio. Un’anima metallica, immortalata con il mare nei raggi, appartenuta a Mario Ruoppolo, postino e poeta. L’ultimo giro di vita e di cinema, Troisi l’ha voluto pedalare. Poteva scegliere un coupé, congedarsi dai finestrini di un treno fumante o andarsene via su un aereo come fa l’asmatico Che nel film «I diari della motocicletta». No, ha preferito una bici, la più umile delle bici, autentica icona di poesia, supremo elogio della lentezza. Massimo Troisi e la bicicletta: non è un caso. Una delle scene cult di «Ricomincio da tre» è quella in cui Lello (Arena), per convincere Gaetano (Troisi) a portarlo in bici, gli promette che si fa «liggiero». Esilarante il battibecco. Troisi: «All’anima ‘e chi t’è… E fatte liggiero!»; Lello: «E comme faccio a me fa’ liggiero?»; Troisi: «Nun può gghi a ppere! E fatte liggiero… e ccorna ca tiene!». Dalle pedalate titubanti di Gaetano a quelle stanche di Mario Ruoppolo: il viaggio artistico dell’attore e regista di San Giorgio a Cremano comincia e termina con quel mezzo di locomozione che conserva «umanità» per la velocità contenuta. Nei suoi film Troisi non corre mai. La sua «ciclosofia» lo porta a creare personaggi che passeggiano, pedalano o stanno fermi. Le sue pellicole non sono «motorizzate» perché i suoi antieroi non gareggiano né rincorrono. In «Non ci resta che piangere», ad esempio, l’auto dei due protagonisti si ferma a un passaggio a livello ed esce immediatamente di scena. Nella stessa pellicola il bidello Troisi è costretto dal maestro elementare Benigni a rincorrere Cristoforo Colombo: ma è una rincorsa «lenta», a piedi o in barroccino, che si rivelerà inutile. In «Scusate il ritardo», un’infinita passeggiata sotto la pioggia, con sosta mitica sulle scale, diventa il simbolo della pellicola; ne «Le vie del Signore sono finite», invece, il protagonista è uno psicosomatico che sceglie d’inchiodarsi - quando gli conviene - su una carrozzella. In «Ricomincio da Tre», l’emigrante Gaetano, facendo l’autostop per raggiungere Firenze, sale sull’auto di un’aspirante suicida che va a tavoletta per farla finita. Solo un pazzo può correre. «Andate piano… andate piano… andate piano» ripete Gaetano nella macchina. Andate piano e «liggieri»: così è scritto nei «diari della bicicletta» di Massimo Troisi.

 





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