I quattro giorni di Malacqua

Il libro di Nicola Pugliese rivive con la regia del fratello Armando

    di Lidia Girardi

"Una lunga ed interminabile teoria di acqua da attraversare", questa é l'immagine più incisiva di "Malacqua", spettacolo teatrale ideato da Armando Pugliese, fratello di Nicola, autore dell'omonimo romanzo. La prima assoluta, messa in scena al Politeama nell'ambito del Napoli Teatro Festival, non ha una trama particolarmente rintracciabile, come ammette lo stesso regista. Ma non per questo non riesce a regalare una serie di appassionanti racconti, spinte confidenze, giornate banalissime di persone ordinarie che hanno in comune soltanto il fatto di essere sottoposti a questa pioggia incessante di quattro giorni su Napoli. È il 23 ottobre di un anno imprecisato e la città di Partenope diventa la destinazione finale di una nevrastenica, metodica piogga. Il sottotitolo del romanzo, così come quello dello spettacolo, è "Quattro giorni di pioggia nella città di Napoli in attesa che si verifichi un accadimento straordinario", in quanto la stessa straordinarietà di questa acqua, che sembra non fermarsi mai, lascia presagire l'arrivo di qualcosa di insolito e inaspettato ma nient'altro accade se non la vita che scorre attraverso le gocce che cadono. Una vita raccontata attraverso la quotidianità degli abitanti: veniamo a contatto con il fruttivendolo che teme che, andando al mercato, la pioggia rovini le sue arance o con la donna che vende sigarette di contrabbando o con personaggi coinvolti nell'eccezionalità dell'evento: il vigile del fuoco che cerca di salvare persone rimaste ferite nel crollo di un palazzo, la donna che verbalizza la riunione straordinaria comunale e il padre che seppellisce la figlia di 17 anni rimasta vittima in un crollo e a cui rivolge un tenero quanto disperato pensiero: "Chi glielo racconterà questo sole che forse ritorna?". Tutto segue uno stesso identico schema:  il personaggio si presenta dicendo il suo cognome e il suo nome e racconta la sua storia, parlando di sé sempre in terza persona. Il reale filo conduttore dell' intera messa in scena è la figura di un giornalista che si perde nelle storie di cui è spettatore e protagonista nella sua personalissima vicenda di vita che si conclude con una ritrovata speranza e la consapevolezza che tutta quella piogga di quei quattro interminabili giorni non ha alcun significato recondito nè é segno premonitore di qualcosa e anche questa volta l'illuminazione avviene durante un gesto quotidiano, quello di farsi la barba. Un doveroso accenno va fatto alle musiche di Nicola Piovani, la cui dolcezza mista a tranquillità, rendono l'acqua la vera protagonista dello spettacolo, senza mai farla diventare angosciosa e deprimente. Un altro plauso va fatto alla scenografia: dietro una lastra di vetro costantemente bagnata da gocce di pioggia, sullo sfondo si avvicendano ombre di persone che con gli ombrelli sembrano ballare con loro, senza esserne mai sopraffatti. Italo Calvino, che fortemente aveva voluto che Nicola Pugliese scrivesse questo libro, lo definì un testo con "un senso e una forza e una comunicativa". Quello che Armando Pugliese ha cercato di far rivivere nella messa in scena, non delude ma anzi colpisce, rapisce e regala frammenti preziosissimi di vita.





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