L'amletico Simba che smuove le masse
Nelle sale il remake Disney The lion king. Da vedere?
di Roberto Rosano
Appena ho visto l’iconica scena della Grande Rupe del Re, la corte dei leoni adoranti dinanzi al babbuino col piccolo Simba in braccio, le mie orecchie hanno ascoltato Circle of Life di Elton John e la mia testa, andando per via sua - Dio perdoni la mia testa sventata! - “Money” dei Pink Floyd. Tic, tac, psss, clap… Registratore di cassa, tintinnio di monete in loop. Tic, tac, psss, clap… Pensavo: cos’ha a che fare questa porcata commerciale con quel contadino e figlio di contadini del Missouri che agli inizi del Novecento frequentava la scuola con le mani sporche di terra e che, mentre lavorava come “ritagliatore” di carta a Kansas City per il noto disegnatore Ubbe Ert Iwerks, ebbe l’intuizione di far muovere quegli inermi pezzi di carta e offrì capolavori di fronte a cui milioni di bambini hanno sussultato. Perché è un secolo buono che noi s-u-s-s-u-l-t-i-a-m-o di fronte alla bellezza di quei cartoni. Cosa fa difetto oggi alla gloriosa factory del vecchio Walt per non spendersi, o farlo così poco, alla ricerca di nuove idee? Avevamo bisogno di nuovi Alladin, La Bella e la Bestia, Lilli e il Vagabondo, Dumbo, Mulan?
Avrei lanciato pomodori e insalata contro il panno cinematografico quando ho sentito Mufasa parlare con la voce di Luca Ward. Nulla togliere al doppiatore romano, amico mio, devi convenire: la voce di Vittorio Gassman è archiviata nella memoria della nostra epidermide. Mufasa ha la voce tormentata, fischiante e asmatica di Vittorio Gassman come Massimo Decimo Meridio ha il bel tono da filodrammatica di Luca Ward. Così deve essere, sissignore, così ha da essere… e basta! Per tacere del doppiaggio viterbese e amatoriale di Marco Mengoni in bocca alla giovane altezza reale della savana…
E ancora: la colonna sonora africana abbassata di volume e quasi messa da parte, per fare spazio a duetti pop che hanno soltanto il demerito di volgarizzare e privare d’incanto l’atmosfera. Un peccato. Per giunta la CGI, la tecnica che genera immagini attraverso il computer, a mio parere – parere che naturalmente non fa cassazione – ha vistosamente penalizzato il senso generale di un remake di questo tipo: gli animali sono sfruttati e imboccati con un linguaggio che non appartiene loro, con un’espressività che finisce per non essere né degli animali, né degli umani. Avrei preferito il puro realismo documentaristico de La marcia dei pinguini di Luc Jacquet, in cui le forme e i suoni della natura non appaiono compromessi. Avrei preferito un’immersione quanto più realistica possibile nelle meraviglie della Grande Terra del Branco. Sarebbe stato un altro film, e avrebbe avuto un senso.
Però, però… Perdonate, a questo punto, una piccola giravolta argomentativa e lasciatemi dire, al netto di tutto: ma che sarà mai! È valsa comunque la pena mettere sul mercato questo mediocre rifacimento se l’operazione ha avuto il merito di far conoscere a qualche bambino ormai abituato all’animazione computerizzata e foto-realistica una storia il cui plot rimane potente, anche se svolto coi piedi. Una maestosa opera d'arte, d’ispirazione shakespeariana, che come tutte le tragedie strugge, purifica, interroga.
Ma da quant’è che non lo rivedete? Fatelo, fatelo, per carità, anche se siete un po’ cresciuti. Da grandi, vi sembrerà di vederlo per la prima volta. Se da bambini ridevate per le gag di un suricato e di un facocero e vi eccitavate per le magnifiche prodezze di Simba, da grandi arriverete agli ultimi spezzoni di film con le lacrime agli occhi e il cuore sazio di un’esaltante sensazione che non saprei descrivervi. Era già tutto lì, in quella semplice e ancestrale azzuffata tra leoni rivali: c’era già il conflitto, la slealtà, l’arrivismo, la piccineria, l’ambizione di certi colleghi di lavoro. C’era già l’amore per i vostri figli: quell’amore per cui anche voi vi lancereste contro una mandria di gnu impazziti. C’era già l’amicizia, che nel deserto vi ha trovato e qualche volta vi ha salvato. C’era già il senso di colpa, abilmente governato da qualche manovratore, che vi avrà detto: scappa! Scappa e non tornare mai più! C’era già l’orgoglio, l’esilio, il lutto, la morale, la paura, il coraggio. C’era già tutto, amico mio. E se è il caso, piangi, commuoviti di fronte a questa storia di bambini. Da bambino non l’avevi capita. Non avevi capito che quella… era la tua storia.