Il grattino della mosca

Valentina Viscione presenta la sua raccolta di storie da leggere in metro o sul wc

    di Livia Iannotta

Qualcosa in comune ce l’hanno, l’uomo e la mosca. Entrambe le specie, ad esempio, si professano cosmopolite ed entrambe condividono una spiccata simpatia per i luoghi a clima temperato. L’una, ovvero la mosca, pare non riesca a vivere senza l’altro, cioè l’uomo. Una liaison a senso unico che in gergo scientifico è nota come sinantropismo. Per quanto fastidioso, bruttino, ronzante, affascinato da pattumiere e rimasugli di cene, l’insettino della famiglia dei ditteri viene riscattato dall’esordiente Valentina Viscione e finisce dritto sulla copertina de “Il grattino della mosca” (Guida Editori).

La napoletana debutta nell’universo libro con una raccolta di brevi storie, da spiluccare, come invita a fare il sottotitolo, in metro o appollaiati sul wc. Sono quadri, scene dal taglio cinematografico intime ma universali, raccontate al lettore con una deliziosa leggerezza, la stessa che sorprende la pelle quando le zampette di una mosca scelgono il nostro braccio per andare a zonzo. Il risultato è un grattino d’inchiostro, un piacere sottile, in punta di piedi. Meglio ancora, di zampe.

Viscione ci offre una sequenza di fatti veloci e curiosi. Accadde a Madrid, a Londra, Lisbona, Alghero, Milano, Parigi e via dicendo, in pratica in una geografia qualsiasi del mondo. Accadde tra brindisi, cani, piante grasse, sigarette e grattaevinci. Sono soprattutto fotografie, questi racconti. Non a caso tutti i capitoli vengono aperti o spezzati da un’immagine: la trama visiva suggerisce qualcosa, le parole lo confermano, ma non è quasi mai quello che sembra, perché a fine pagina la prospettiva si capovolge, cambia la temperie, e chi legge si ritrova puntualmente con un sorriso stampato in faccia.

Pur con l’intento di sondare la selva oscura dei sentimenti, delle solitudini, dei legami, “Il grattino della mosca” non vi si addentra, preferendo lasciare a ironia (e autoironia) il compito di confortare, in parte, pezzi di vite in subbuglio. E anzi, come evidenzia la prefazione di Tony Laudadio, «ciò che illumina il senso profondo di queste scene è la natura stessa dell’esistenza, della vita: e il senso profondo è che non c’è alcun senso profondo nelle cose che accadono, ma solo spunto divertito per riflettere, sostanzialmente, su quanto siamo ridicoli. Tutto può essere letto – e quindi raccontato – svuotandolo di valori e di giudizi morali, tutto è aneddotica, e da ogni aneddoto raccogliamo la lezione surreale che essi sono solo ciò che sono, e che non c’è alcuna lezione».

Per chiunque volesse assaggiare le carezze di questo grattino, l’autrice presenterà per la prima volta il libro domani, 22 novembre, alle ore 18, a Napoli, presso la casa editrice Guida (via Bisignano 11). A chiacchierare con lei, nel pomeriggio moderato da Massimo Smith, scrittore e autore teatrale, ci saranno il regista Sergio Panariello e il sociologo Dario De Notaris.





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