Arte nella comunicazione
Segno pubblicitario = estetica del consumo
di Silvio Fabris
Con il secondo dopoguerra (1945/1953) la creatività pubblicitaria diviene matura per assumersi l’onere di una sua piena autonomia espressiva. Da Milton Glaser ad Armando Testa (solo per citare due artisti pubblicitari esemplari nell’era del boom economico) il ‘segno pubblicitario’ diventa inconfondibile propulsore di una ‘estetica del consumo’, secondo la quale il gusto, il piacere, il benessere costituiscono i valori essenziali di un’edonistica arte della vita. Oggi la pubblicità costituisce un campo di elaborazione essenziale per l’evoluzione tecnico-creativa di ogni ambito della comunicazione visiva.
Un fattore assai attuale è dato dal largo impiego di tecnologie digitali per l’immagine (che costituisce un limite per la creatività visiva e dal fatto che le immagini sono sempre più disponibili in rete. Infatti, se da una parte la produzione e l’elaborazione delle immagini è rapida, affidabile e altamente performativa da un’altra parte si corre il rischio di un impoverimento di quei processi immaginativi e realizzativi soggettivi, che hanno cioè una loro relativa indipendenza rispetto alle tecnologie di produzione e diffusione dell’immagine. È dunque determinante la capacità di avvalersi artisticamente delle tecnologie digitali, e quindi, a livello formativo e professionale, è necessaria una continua ricerca e sperimentazione artistica per integrare competenze tecnologiche e processi creativi personali originali e innovativi.