Ritratti napoletani: Pupella Maggio

Storia e aneddoti della straordinaria attrice che nacque nel camerino del Teatro Orfeo

    di Armando De Sio

Iconica, unica, irraggiungibile. Questi sono i tre aggettivi che meglio possono descrivere Pupella Maggio, nome d’arte di Giustina Maria Maggio, nata a Napoli nel 1910 da Domenico Maggio e Antonietta Gravante, erede della famosa famiglia Gravante gestori del rinomato circo equestre "Carro di Tespi". La madre ebbe le doglie proprio durante le prove di uno spettacolo al Teatro Orfeo in via Carriera Grande (nei pressi della stazione di Napoli), e pertanto la piccola Giustina vide la luce nel camerino dello stesso. Debuttò sul palcoscenico a due anni, quando con la compagnia teatrale del padre rivestì il ruolo della bambola di pezza nello spettacolo di Eduardo Scarpetta La Pupa Movibile. Fu questa partecipazione e il vezzeggiativo datole dal padre Mimì a far sì che piccola Giustina venisse chiamata affettuosamente Pupella.

Racconta nella sua autobiografia “Poca luce in tanto spazio”:«A due anni mi portarono in scena dentro uno scatolone legata proprio come una bambola perché non scivolassi fuori. E così il mio destino fu segnato. Da "Pupatella" attraverso la poupée francese, divenni per tutti "Pupella" nel teatro e nella vita». Ha fatto di tutto in teatro: attrice, cantante, ballerina di fila e di tip-tap.  A leggere alcune sue interviste sembra che per lei la scelta di fare l’attrice sia stata più una condanna che una vocazione. Ha pure cercato di lasciarlo il teatro: durante l’occupazione nazista fece l’operaia nelle acciaierie di Terni. Ma anche lì, alla fine, si ritrovò a dare una mano per uno spettacolo del dopolavoro organizzato dalle ragazze della mensa.

Nel 1954 entra nella Compagnia Scarpettiana e poi passa in quella di Eduardo, come racconterà lei stessa: “Ricordi ne sono tanti perché io ho avuto la sua prima regia nel 1954, facevo la Scarpettiana... E più che Maestro, perché Pupella non era una bambina, avevo 46 anni; si incontravano questi due vecchi... Eduardo mi ha insegnato come si vive, perché si vive; e più che regia della Scarpettiana, che non era il teatro suo, io guardavo lui, mi studiavo lui. Infatti io per Eduardo sono stata l'amica. E un giorno, quando lui mi ha dato tutti questi onori, tutte queste glorie (direi glorie del pubblico); un giornalista a Palermo... Perché io prima di inchinarmi al pubblico, mi inchinavo a lui. Tant'è vero che lui una volta al San Ferdinando disse: "Guardate che non obbligo io alla signora Maggio di salutarmi. È di sua spontanea volontà!". Io restai come 'na cretina... Beh questo giornalista venne da me in camerino a farmi le solite interviste e disse: "Pupella perché s'inchina a Eduardo? Lei pare che non deve niente..." 'Sto cretino! E dico:" Senta io sono una donna... Siccome nella commedia di Eduardo Sabato, domenica e lunedì c'è una battuta formidabile: "I rospi nun s'hanna tene' 'nguorpo: s'hanna caccia' fore!"... Io dissi:" Senta lei è un cretino, pardon! Perché non ha capito che gli applausi del pubblico vengono da chi? Da Eduardo! Se lui non mi dava questa occasione il pubblico non mi applaudiva". E questo è tutto!”





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