Emma Dante e le scarpe di Pietro

Successo al Bellini di Operetta burlesca. Prova magistrale di Maringola

    di Lidia Girardi

Il dramma molto spesso è nella vita stessa, in una vita che non si è scelta e in un corpo che non si può cambiare. Il dramma in questo caso è quello di Pietro, protagonista della fatica teatrale di Emma Dante dal titolo “Operetta burlesca” in scena al Teatro Bellini.

Figlio di due siciliani, Pietro vive la sua storia in un paesino nella provincia di Napoli dove è costretto a fare il benzinaio insieme al padre. É nato donna in un corpo di uomo e si riconosce solo quando, nei giorni di chiusura della pompa di benzina, va a Napoli e compra “scarpe numero 42 tacco 12”.

L'ingenuità e la leggerezza di un racconto di vita che lungi dall'essere superficiale e banalizzato, è invece lieve e drammatico al tempo stesso. Pietro (magistralmente interpretato da Carmine Maringola) ama quegli abiti vistosi, quelle scarpe che brillano; le stesse che gli permetteranno di conoscere il suo primo vero amore Ciro. Ma non è il lieto fine ad aspettarlo dietro l'angolo, ci sono invece la rassegnazione e la distruzione di un'idea: quella di poter essere finalmente e faticosamente se stesso.

Francesco Guida, nella parte del padre severo e della madre protettiva, riesce con semplici espedienti gestuali a dare voce e volto a due personaggi comprensibili ma terribili nel contempo: la ferocia del padre nell'accettare un figlio come Pietro e il candore della madre che lo invita a crearsi una famiglia e a farsi passare “lo sfizio” di tanto in tanto. Ad aggiungere splendore all'impianto teatrale costruito dalla Dante i due attori/ballerini Viola Carinci e Roberto Galbo che, impersonando l'una l'alterego femminile, l'altro l'amore di Pietro riescono a proiettare lo spettatore in vortice di giravolte di teneri abbracci e immagini goffe da primi appuntamenti.

Le musiche sono il quinto vero personaggio di “Operetta burlesca”: perfettamente concepite per i momenti che sorreggono, queste commuovono, scuotono e rassicurano.

La scenografia è un tripudio di scarpe femminili sul proscenio che sostengono lo sguardo fino alle quattro bambole vestite da donna che, di volta in volta, vengono spogliate da Pietro.

La Dante non cerca di stupire, il suo testo è pulito, semplice, fruibile. Racconta la storia di un Pietro qualunque che vive in una paese qualunque di una provincia qualunque, la sua sciagura è vedere una persona diversa da sé quando si guarda allo specchio. Quella bella donna che balla nella sua cameretta di adolescente è ormai adulta, ha le unghie nere perché fa il benzinaio e troppe scarpe nell'armadio da nascondere.

In attimi che sembrano essere sogni e altri bui incubi, “lo spogliarello dell'anima” che mette in scena Emma Dante riesce a catturare, divertire, struggere e idealmente abbracciare, con estrema umanità, tutti quei Pietro che ballano ancora soli nelle loro camerette e che forse adolescenti non sono più.

 





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