Il dubbio Europa League

Vale la pena qualificarsi per l'Europa che (non) conta?

    di Alberto Medici

Come ogni anno, anche in questa stagione si sta avvicinando l’epilogo del campionato e tutte le squadre cercano di ottenere i migliori risultati possibili per raggiungere così i rispettivi obiettivi prefissati. C’è chi lotta per vincere il titolo, chi per ottenere una salvezza tranquilla, chi per potersi qualificare per la prossima Champions League e chi invece spera di non retrocedere nella categoria inferiore.

E poi ci sono loro, una categoria speciale, a parte, la migliore: le squadre che vogliono a tutti i costi entrare in Europa League.

Spesso sono reduci da una stagione fallimentare, lontane dalle posizioni di vertice cui ambivano durante i roboanti proclami estivi oppure sono state troppo velocemente risucchiate nella pancia della classifica per mancanza di continuità con le cosiddette “piccole” o per aver perso qualche scontro diretto di troppo. A queste si devono anche aggiungere le squadre da metà classifica che avendo trovato continuità di risultati o avendo avuto una stagione di grazia da parte del loro fuoriclasse di punta si ritrovano a lottare spalla a spalla con qualche grande nobile “decaduta”.

Ma… riavvolgiamo il nastro.

Non serve andare a uno specifico giorno, serve solamente riportare a un metà ottobre o un metà febbraio di uno qualsiasi degli ultimi 15 anni la nostra macchina del tempo.

In una classica puntata di un qualsivoglia notiziario sportivo (o di uno di quei salotti tv dove i “soloni” del calcio si sfidano a colpi di retorica e filosofia pallonara), l’allenatore, il presidente, il direttore sportivo o persino il magazziniere o il giardiniere addetto al campo, diranno al giornalista di turno (convinto di aver fatto lo scoop dell’anno) che “la coppa toglie energie” o “non ci permette di lavorare bene in settimana” o “giocare ogni 3 giorni si sente” o anche “non riesco a far capire ai ragazzi l’esigenza del turnover”.

Nel turno successivo la squadra in questione verrà malamente sconfitta e maltrattata in casa dal Lech Poznan di turno (che con tutto il rispetto non vale uno dei nostri top team)o anche da un Ludogorets, un Viktoria Plzen o un Genk qualsiasi.

E tanti saluti all’Europa League anche per questa stagione…

Ma come? Non è la stessa coppa per la quale le squadre stanno facendo a sportellate per entrare? Quella di cui avevamo parlato all’inizio? Quella che fa fare carte false ai vari presidenti, allenatori, direttori, magazzinieri e addetti a lavori per qualificarcisi?

Dunque, ricapitoliamo.

A fine anno le squadre si danno aspra battaglia per entrare in Europa League, ma poi, appena passata la fase a gironi, decidono volontariamente di uscirne. Per i soldi? Perché permette di quietare la piazza? Perché da un senso ad stagione altrimenti fallimentare?

E se invece le squadre usassero l’assenza di coppa per programmare e per costruire una squadra più competitiva al posto che galleggiare ogni stagione nell’anonimato?

In fondo la Juventus del 2011 insegna. No coppe, si scudetto. O era meglio fare l’Europa League e uscire ai gironi, arrivando 3° in campionato? Per alcuni parrebbe di sì.

Concludendo, ecco la classica dichiarazione da metà febbraio: “In fondo alla fase ad eliminazione diretta ci siamo arrivati, ora concentriamo le nostre energie nel campionato per qualificarci alla prossima Europa League”.

De gustibus non disputandum est.





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