Anche l'uomo piange

Macho sì, ma senza frenare le lacrime

    di Amedeo Forastiere

C’era un uomo anziano che andava su una scogliera, lontano dalla gente. Fissava il mare, a volte era calmo, altre volte era agitato. L’uomo anziano si accertava che nessuno lo guardasse, fissava l’orizzonte e piangeva. In questo momento non ricordo se sia la scena di un film visto tanti anni fa, il passo di un romanzo letto o la metafora di una fiaba di quando ero bambino.

Il ricordo dell’uomo anziano sulla scogliera che piangeva, mi riporta a parlare nuovamente del pianto, ma con altre riflessioni. L’uomo di tanti anni fa, il maschio per intenderci. Per dimostrare di esserlo davvero non doveva mai piangere, o almeno non farsi scoprire. Il pianto era considerato una forma di debolezza che apparteneva solo alle donne – il sesso debole.

Di queste cose sentivo parlare spesso quando ero piccolo, ma non riuscivo a capire il perché. Nella mia innocenza di bambino mi domandavo: Ma se mastro Geppetto, mentre lavora si dà una martellata sulle mani, come fa a non piangere per il dolore?

Una volta feci questa domanda a mio nonno Ernesto, uomo di grande esperienza, due guerre passate al fronte, in prima linea nelle trincee. Bene, lui mi rispose: Un vero uomo non piange mai, anche se si fa male mentre lavora o è ferito in guerra, mai, mai, anche se la donna amata lo lascia, stringe forte i denti e soffoca il dolore.

Poi mi guardò fisso negli occhi e aggiunse: Le femminucce piangono. Tu sei femmina? Io risposi subito: No, nonno io sono maschio. E lui: Allora non devi mai piangere, sennò diventi una femminuccia.

Sono cresciuto con il terrore di diventare femmina, semmai mi fossi abbandonato al pianto. Quando giocavo con i miei coetanei, spesso mi capitava di inciampare, cadevo, mi sbucciavo le ginocchia, eppure frenavo le lacrime per paura di diventare una femminuccia. C’era un ragazzo che giocava con me, non resisteva al dolore, un po’ spaventato alla vista del sangue che usciva dal ginocchio spellato, piangeva, lo prendevano in giro: ‘A femminuccia, piange.

Si piange o non si piange? La lacrima scappa per dolore fisico, per amore, per emozione, per solitudine, per nostalgia pensando al passato quando c’erano le persone amate che ora non ci sono più. Quante volte per soffocare il pianto ci siamo morsi le labbra, spalancando gli occhi al vento per asciugare quella lacrima che non riuscivamo a trattenere?

I tempi sono cambiati, i ragazzi d’oggi non hanno i nonni che hanno fatto la guerra in prima linea nelle trincee. Spesso vedo giovani, belli, aitanti, muscolosi, tatuati, veri machi, poggiare la testa sulla spalla della propria ragazza e piangere, mentre lei dà conforto. Nella mia mentalità arcaica per cui solo le donne potevano piangere, in quella scena vedo un cambio di ruoli; la donna diventa uomo e l’uomo diventa donna?

A volte le lacrime sono più facili da versare che da spiegare, quando un amore finisce. Mi ha confidato un mio giovane amico. Gli ho risposto: Non piangere perché qualcosa finisce, sorridi perché è accaduta.

Alla prossima, ragazzi.





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