Mamma li turchi
Da dove deriva il detto? Riflessioni storiche e recenti sul Paese della mezza luna
di Amedeo Forastiere
Si parla della Turchia da un po’, sia ai telegiornali sia sulla carta stampata, ma non nel modo folcloristico di Totò, che nel 1953 usciva al cinema con: Un turco napoletano. Com’è noto non amo entrare nelle vicende politiche di casa nostra, figuriamoci quelle estere. Una riflessione sulla Turchia però voglio farla, su questo paese tanto diverso, ma spesso presente nel linguaggio comune con modi di dire come: Mamma lì turchi, cose turche, vaso alla turca…
Paese prevalentemente musulmano, con una popolazione superiore all’Italia (78 milioni di abitanti circa), ha origini molto lontane: 6250-5400 a.C. Il termine Turchia-Turkiye si suddivide in due parole: turk che in turco antico significa “forte” e iye che sta per “possessore”. I turchi, originari dei monti Altaja nell’Asia centrale, sono sempre stati invasori, e la storia è zeppa di date di saccheggi, violenze perpetrati dai pirati ottomani, temutissimi in tutta l’Europa.
Veniamo a tempi più recenti (si fa per dire). Nel 1623 salì al trono il sultano Muràd IV. Aveva solo undici anni e fu uno dei più severi pascià, proibendo e ridimensionando addirittura il fumo, oltre l’alcol e, naturalmente, il sesso. Per fortuna dei Turchi, Muràd IV duro poco, appena diciassette anni, a causa della sua morte giovane (oddio a quei tempi era quasi normale), all'età di ventisette anni. Ma su letto, poco prima dell'ultimo respiro, ordinò ai suoi soldati di uccidere il fratello Ibrahim I, perché secondo lui incapace di governare. L’ordine non fu eseguito, e così Ibrahim I governò, ma solo per otto anni, dal 1640 al 1648, fino alla morte avvenuta a trentatré anni. Politicamente il suo fu il governo peggiore di tutto l’impero ottomano, tranne che per il popolo. Ibrahim I tolse tutte le restrizioni introdotte dal fratello: il popolo riprese a fumare, a bere, a fare sesso, presumibilmente in modo forsennato, vista l'eccessiva astinenza. È dal 1640 che si dice, in riferimento alle follie, cose da turchi.
Nel 1686 i Turchi cercarono di assediare Budapest costruendo di notte una galleria per penetrare nella città. In quelle ore lavoravano i panettieri, che sentendo sempre più vicino un rumore inquietante diedero subito l’allarme, permettendo ai soldati di respingere il nemico. Come ricompensa per aver salvato la città ricevettero il privilegio di poter preparare un dolce speciale che, in ricordo dell'impresa, aveva la forma della bandiera ottomana: una mezza luna. Da qui il nome croissant, per noi o’cornett. Anche questo aneddoto è storia della Turchia.
Nell’estate del 1799 nel porto di Palermo giunse la flotta turca, fiore all’occhiello del potente impero ottomano. Dominava il Mediterraneo dal Bosforo alle colonne di Ercole. Le navi furono visitate da molte persone, soprattutto nobili. L’ammiraglio, comandante della flotta ottomana, fu molto gentile, disponibile, offrendo ai visitatori dolci e rinfreschi. Il barone Miccichè, colpito dalla cortesia del comandante, volle ricambiare invitandolo al suo palazzo: Comitini a Palermo. Il barone Miccichè organizzò un sontuoso pranzo per gli ospiti ottomani. Mentre l’ammiraglio con i suoi ufficiali consumava il prelibato pranzo della cucina del barone, i marinai vagavano per il palazzo. L’allegria nel salone delle feste di palazzo Comitini all’improvviso fu interrotta dall’eco delle grida di aiuto, proveniente dagli appartamenti del palazzo. Sbigottiti, nobili e commensali, accorsero verso la camera da cui provenivano le urla. Era la stanza della servitù: al suo interno fu scoperto un marinaio turco che cercava di usare violenza a una giovane serva della casa del barone Miccichè, che non avendo ottima salute quel giorno era stata lasciata a riposo. Il marinaio turco preso da un moto di libidine fu bloccato da quattro robusti servi del barone, e punito subito su ordine dell’ammiraglio con decine di vergate, sulla pianta dei piedi, come di usanza mussulmana. Mortificato per l’accaduto, l’ammiraglio turco presentò le proprie scuse e si congedò insieme al suo seguito. L’incidente sembrava chiuso senza che avesse lasciato spazio a successivi strascichi. Non fu così: il giorno dopo, a Palermo, si scatenò il finimondo. Alcuni marinai turchi, in libera uscita, fecero irruzione con armi in pugno nella bottega di un calzolaio; mentre un paio di loro teneva a bada i garzoni, con la minaccia delle armi, gli altri afferrarono la moglie del padrone della bottega cercando di violentarla. I garzoni, per nulla intimoriti, reagirono gettandosi sopra i marinai turchi, menando colpi di trincetto e di martello. Sorpresi da tanta furibonda reazione, i marinai turchi sanguinanti e malconci, cercavano salvezza nella fuga.
La notizia dell’aggressione si diffuse rapidamente in tutto il quartiere dopo pochi minuti. Il popolo palermitano si rivoltò contro i turchi, sicché, dove si trovavano marinai turchi, questi erano assaliti senza capire il motivo. In pochi minuti la città fu in allarme, era incominciata la caccia ai turchi. Per gli angoli delle strade si sentivano le voci dei ragazzi, che alla vista dei marinai turchi gridavano Mamma li turchi.
Il popolo ottomano non è stato solo violento e aggressivo, ma ispiratore per diversi di stili di vita. Dalla moda (vedete ad esempio i pantaloni alla turca), ai cessi, ai vasi, ma in particolar modo nella musica. Perfino il grande Wolfgang Amadeus Mozart fu attratto da questo misterioso popolo. Nel 1778 compose infatti una sonata in la maggiore, K331: Il Rondò “alla turca". Una composizione amata da tutto il vasto pubblico, che è chiamata comunemente Marcia turca. In questa sonata, sobria, veloce, irruente, passionale, c’è tutto quel fascino arabo che solo un paese arcaicamente misterioso come la Turchia riesce a trasmettere (vi suggerisco di ascoltarlo, resterete affascinati). Anche Beethoven compose un Rondò alla turca, ma personalmente preferisco Mozart.
Oggi la Turchia fa parlare di sé per aspetti che forse non onorano tanto l’antico popolo ottomano. Ad esempio il tentato golpe, molto discutibile per il modo in cui si è svolto, ma noi non facciamo polemica sulla politica turca. Molti vociferano che l’attuale presidente non abbia ben chiara cosa sia la libertà di stampa, dei cronisti sono stati arrestati, pare che non la pensassero come il presidente, ma questi sono pettegolezzi da vecchie capere. La Turchia di oggi, del presidente dal pugno duro, vuole far parte dell’Europa, magari occupare il posto vuoto lasciato dalla Gran Bretagna. I turchi vogliono diventare europei, bene, e che problema c’è? Io in tutto questo una cosa non capisco: ogniqualvolta i media (e la televisione in primis) parlano della probabilità che la Turchia diventi uno Stato dell’Ue, sento i ragazzi per strada urlare Mamma li turchi.
Alla prossima ragazzi.