Il vino comunica

Sulla bevanda che unisce e... fa cantare

    di Silvio Fabris

Un bene capace com’è di scatenare sensazioni di ogni tipo e di mescolarle in esperienze memorabili. Vista, udito, tatto, olfatto e gusto giocano insieme nel più antico ed attuale degli strumenti di comunicazione.

Facile quindi che mi sovvengano immagini di nostre campagne pubblicitarie per aziende vitivinicole. Sono etichette, foto, disegni, sagome di vigneti, botti o grappoli. Colori del vino visti nel vetro di un calice, davanti alla fiamma di un camino, semmai con un fagiano su un vassoio, come realizzammo per l’azienda “il Marchese di Salice”. Segni e colori legati al vino stesso, al suo spazio, ai suoi momenti. Ma anche ben oltre. Guardare il vino è rivedere scorci di vita. È memoria. Vino come elemento di unione, per superare momenti difficili, per appartenere ad un gruppo, per allontanare il senso di estraneità e la nostalgia di casa. Vino per ricordare, per far festa, vino per cantare. “Mi son alpin… me piase el vin…”  oppure “Ma che ce frega, ma che ce importa se l’oste ar vino ci ha messo l’acqua…” e ancora “Trica, trinca, trinca, buttalo giù con una spinta…”

E se non è comunicazione questa.





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