Il santuario del Flamenco

A Madrid, nelle sale dove si sono formati i grandi "bailadores"

    di Maria Regina De Luca

In una visita alle bellezze del centro storico di Madrid, dopo aver dato uno sguardo alla stazione di Atocha e aver goduto dei suoi giardini d'inverno, per ritornare al centro turistico di Puerta del Sol e del Palacio Real, una sfida ci porta a scegliere Calle de Santa Isabel, uno dei lati del triangolo d’oro dei musei, Prado, Thyssen Bornemisza e Reina Sofia dove troviamo anche il Real Conservatorio di Musica, il Mercato di Anton Martin e la Filmoteca Nacional, dove il sogno del cinema s’invera nel magico cartellone del glorioso Cine Dorè.

Di fronte, il Mercado de Anton Martin, la cui varietà alimentare affascina lo spirito nel vortice delle alternative. Nello stesso edificio ha sede anche la fabbrica di un "cibo" che appaga contemporaneamente corpo e anima: seguiamo al piano superiore la piccola insegna "Accademia del Flamenco e di danza spagnola Amor de Dios". Lungo piccoli ambienti tappezzati di fotografie e cimeli teatrali, guidati da canti lontani e da un rumore cadenzato come di bottega di carpentiere, giungiamo al santuario del Flamenco, la Danza che prima che movimento è ispirazione, prima che ispirazione è fonte, è mito e sbocco, punto di partenza e d’arrivo di secoli di storia e di civiltà e insieme primordiale stato d’animo dove la passione per la vita si esprime nell’interiorizzazione spesso disperata dei sentimenti.

Il Flamenco è canto, ballo e musica, spettacolo, ma innanzitutto è linguaggio e allegoria, è dialogo tra sguardi e sottintesi che il suono e il silenzio dispiegano nello spazio. Nei suoi novanta stili musicali, i ‘palos’, il Flamenco prende il suo nome, Fiammingo, dalla rivalità tra i ballerini spagnoli e quelli che giungevano dalle Fiandre, ma non è facile inoltrarsi nell’inestricabile intreccio delle sue radici culturali, da quelle della lontana India a quelle gitano-andaluse, dei Mori e degli Ebrei dalle quali è dilagato poi nel mondo.

In queste sale è stata scritta molta della storia del flamenco, vi si sono formati i maestri, quali Antonio Gades, sono passati i grandi bailadores, come Lola Greco, Carmen Amaya, Joaquin Cortes. Del Flamenco sono strumenti la chitarra che definisce  il "toque", presente solo dall’inizio del Novecento, le castañuelas, o nacchere, l’abanico, ossia il ventaglio, lo scialle, il mantón che volteggia nell’aria  avvolgendo il corpo in un abbraccio colmo di sottintesi: un’esaltazione del corpo e dello spirito che levitano sul sostrato dell’emozione, uno spettacolo il cui allestimento richiede anni di spietato tirocinio e una dura scuola di vita i cui professori, da Cristian Almodovar, Antonio e Manuel Reyes, Inmaculada Ortega, Merché Esmeralda ecc. siano consapevoli di dover formare non alla danza, ma alla vita in tutta la sua complessità.

Chi guida l’istituzione è il señor Joaquin San Juan, bello e pacato come il silenzio in un canto "por alegría" che organizza la complessa attività dell’Accademia e promuove e consiglia artisti e aspiranti tali. Nella prima sede della scuola in Calle del Amor de Dios n.4, il cui arco figura nel logo dell’Accademia, sono stati girati Bode de sangre, parte della Carmen di Saura, Alma Gitana di Guitierrez. In questo Centro mondiale di cultura flamenca sono passati Paco De Lucia, Camaron de la Isla, Antonio Gades, Lola Flores e qui, in ogni ora del giorno, il visitatore è ammesso ad assistere agli spettacoli, come un ospite gradito. Qui il tempo si ferma, e ben lo esprime Camaron de la Isla nella sua Leyenda del tiempo: El sueno va sobre el tiempo/ flotando como un velero/ nadie puede abrir semilas/ en el corazon del sueño.





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