Un fiore per Don Diego e Margherita
Irpinia: a San Valentino rilanciamo il “monumento†degli innamorati
di Aldo de Francesco
San Francesco a Folloni è uno dei luoghi dell’anima più suggestivi e amabili d’Irpinia. Oltre a conservare significative testimonianze di San Francesco, è possibile ammirare, nella sagrestia dell’artistica Chiesa del convento, un pregevole mausoleo di fine IV secolo, di Jacopo della Pila, dedicato a Don Diego Cavaniglia. Questi, conte di Montella e giovanissimo guerriero, fu ferito a morte, a 28 anni, a Otranto nella guerra contro i Turchi del settembre del 1481, lasciando la giovane sposa Margherita Orsini e un tenero bambino.
Andate a visitare il suo mausoleo, ne resterete colpiti. Verso la fine degli anni Ottanta, ricordo che io e l’indimenticabile cantante e amico Aurelio Fierro, fortemente impressionati dall’infausta sorte toccata al giovane Don Diego - già paggio di Re Alfonso d’Aragona, molto amato a corte, l’unico cavaliere rinascimentale di fama che vanti l’Irpinia - riuscimmo in una straordinaria giornata di memorie, svoltasi nella chiesa del convento, a fare del monumento di Don Diego, tra generali consensi, “Il Monumento degli Innamorati”. Da allora, il mausoleo divenne meta di stuoli di innamorati, di sposi, di numerosi visitatori, presi dal fascino di una toccante storia d’amore, di fede e di fieri ideali. Ma non mettemmo in conto le brame e le trame future de “li superiori”.
Quando “lorsignori” si accorsero che la nostra idea vincente, su cui non potevano mettere cappello, era portatrice di un turismo spontaneo, popolare, di autentica passione culturale, fecero di tutto per oscurarla con reboanti “promozioni”, che trasformarono quel nobile cavaliere in un “venditore” di prodotti tipici. Don Diego divenne così ispiratore, simbolo de “La Locanda del Conte” e compagnia cantante, a zonzo, in “tour” in varie sagre del circondario. Da allora, nonostante una vagonata di milioni spesi per brossure, depliant e convegni, si fece però il vuoto intorno al “Monumento degli Innamorati”; scomparve dalle aiuole del Convento, anche una piccola insegna che lo indicava al pubblico. Bisognava eliminare ogni piccola traccia di vitalità storica e di sano idealismo.
A chi infastidiva? Me lo chiedo tuttora senza avere risposte. Come sarebbe bello, nel giorno di San Valentino, festa degli Innamorati”, ricordare Don Diego e condannarne il bieco oblio con un invito da condividere: “Un fiore per Diego e Margherita”.