Amorevol-Mente, storie tossiche

Seconda puntata della rubrica di Vanna Morra sugli amori 'da incubo'

    di Vanna Morra

«Dottoressa, mi levi “questa tipa” dal corpo, la prego!» E’ stata la mia prima richiesta appena mi sono seduta di fronte alla psicologa nel suo studio. Manco mi fossi rivolta a un esorcista. «E chi sarebbe?», mi ha chiesto. «Candy Candy, la crocerossina che alloggia dentro di me!». La mia empatia è così spiccata che a volte non so se sia “Lei” ad abitare in me o se sia io ad essere sua ospite. Fatto sta che nell’autoanalizzarmi, prima di rivolgermi alla specialista, ho dato alla “signorina tutta lentiggini” (così come la chiamava Terence, ricordate?) la responsabilità di essere rimasta imbrigliata nella relazione tossica di cui vi ho fatto cenno nella prima puntata.

Il percorso terapeutico, a mio avviso, è necessario dopo un’esperienza tanto traumatica quanto destabilizzante. A me è servito prima di tutto a ridimensionare i sensi di colpa per esserci cascata, perché “solo una come me poteva”. Sappiamo tutti però, almeno in teoria, che “prevenire è meglio che curare” e io prometto il massimo impegno per mettere in pratica la prevenzione. Dunque, certo è che la donna crocerossina ha una notevole propensione alla relazione con il narcisista. Tra le prime strategie manipolative messe in atto dal vampiro c’è quella di far leva sul proprio vittimismo e qui “la ragazza della croce rossa” ci va a nozze.

Certo è che questi due personaggi sono i protagonisti delle peggiori favole, la loro non è semplicemente una storia destinata a restare senza l’happy ending, crocerossine e narcisisti danno vita a una trama di fronte al quale i film horror inorridiscono. Certo non è, invece, che sia l’unica tipologia di donne che possa capitolare davanti a quest’amore che, come ci insegna Gianna Nannini a squarciagola, è una "camera a gas". Dunque bisogna assolutamente smantellare ogni congettura basata sul “abbiamo la sindrome della crocerossina? Allora è ovvio essere 'prede' predilette di questi soggetti”, un po’ come dire “Ce la siamo cercata”.

La psicologa Ivana Napolitano, specializzata in amori disfunzionali, ci spiega che «spesso chi è vittima di un partner affettivo psicologicamente abusante si trova a dover fare i conti con affermazioni che amplificano i sensi di colpa ed impediscono il processo di esternalizzazione del dolore, prima fra tutte “se l’è andata a cercare!". Questo pregiudizio viene rafforzato dall’idea che tutte le “vittime” siano “donne affamate d’amore” convinte che l’unico modo per essere amate sia quello di sacrificare se stesse. Si parla di “dipendenza affettiva” quando tutti i propri sforzi, reali o mentali sono concentrati sull’altro e sulla relazione, nonostante i suoi palesi aspetti disfunzionali. Molte donne hanno difficoltà a riconoscere il “vero amore” perché hanno un vuoto interiore (derivante da ferite infantili) richiedente, distruttivo che pretende di essere riempito con qualsiasi cibo spingendole ad aggrapparsi a storie deludenti, tossiche, nocive, violente.  Queste donne insicure, con bassa autostima, troppo empatiche restano incastrate nella relazione con l’egoista manipolatore e sono quelle che con più leggerezza vengono ingiustamente etichettate come “colpevoli” di essersi imbattute nel trauma dell’abuso narcisistico.

E’ assolutamente importante diffondere l’idea che chiunque può essere abusato psicologicamente, nessuna donna ha fatto qualcosa di sbagliato per meritare una relazione tossica. Sono tante le storie di “vittime” che con la “crocerossina” non c’entrano niente, al contrario, sono sicure di sé, severe, autorevoli, determinate e con storie familiari di amore e di attaccamento sicuro. Non esiste l’identikit della “vittima perfetta”, ogni persona ha la sua peculiarità. Quello che sicuramente accomuna le “prede”, invece, è l’entità del trauma: dopo un abuso narcisistico la donna si sente uno straccio, sviluppa un’idea di sé distorta, sminuita"». Così conclude la nostra dottoressa Napolitano.

Dalla puntata precedente:

“Il giorno dopo che ci siamo conosciuti “Lui” si immaginava già sposato con me e non vedeva l’ora che accadesse”

Ero single da tanto tempo con una vita a dir poco frenetica, ormai abituata a quelli che chiamo maschi fantasma, che appaiono e scompaiono come fosse nulla, tanto da aver adottato anch’io lo stesso atteggiamento. Non mi stava bene però funzionava così e pian piano mi ero accomodata in quella superficialità. E a proposito di superficialità, adesso che ci penso, al “tipo là” avevo espresso, tra le mille chiacchiere, anche il desiderio di volermi sposare un giorno, non per la vita matrimoniale ma solo per indossare “quell’abito” e perché, visto che organizzavo eventi, mi sarebbe piaciuto andare al mio matrimonio, che avevo già tutto nella testa. Gli avevo fatto un assist che neanche il miglior Luis Alberto nella Lazio. Quando a fine serata mi chiese “A che ora passo a prenderti domani?”, gli risposi “In che senso domani?” ero così incredula che pensavo di aver capito male.

Il mio cervello l’anomalia di quel “Love Bombing” l’aveva intercettata tuttavia, inconsciamente, era rimasto fortemente attratto da chi non aveva intenzione di sparire, anzi, addirittura progettare e costruire.

Non c’è nulla che esca dai loro sguardi o dalla loro bocca che non sia minuziosamente calcolato. “Loro” non ci stanno semplicemente ascoltando quando ci raccontiamo, stanno archiviando ogni possibile informazione per poi colpire i nostri bisogni e affondare i nostri punti deboli. Ah, e teniamo ben a mente che questa sarà l’unica fase della relazione in cui hanno la “virtù” dell’ascolto, in seguito le nostre saranno solo parole al vento.

Ecco, quindi, va bene lavorare su noi stesse al fine di comprendere i motivi per cui ci siamo fatte irretire ma resta fondamentale scrollarci di dosso, quanto prima, i sensi di colpa e acquisire la consapevolezza che questi soggetti hanno delle skills manipolative così machiavelliche che Sherlock Holmes e Mr Moriarty messi insieme gli spicciano casa.

E, lo ammetto, non vedevo l’ora di usare anche io il termine “più figo” del momento, “Skills” al posto di “abilità”.

 





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