Costituzioni settecentesche, il dibattito
A Palazzo Serra di Cassano un incontro per discutere di Rivoluzioni e carte dei diritti
di Maria Regina De Luca
Legge delle leggi, ordinamento supremo dello Stato, conquista e tutela dei diritti dell’uomo, la Costituzione viene a cadenze periodiche usata come trapezio per acrobazie politiche e i suoi cambiamenti come effetto-lifting di obsolete regole di condotta e di vita. Il rinnovatore a tutti i costi talvolta spera troppo nella duttilità del popolo sovrano, ma intanto i nostri giovani rischiano di smarrirsi nei contorsionismi partitici che oscillano tra il conservatorismo e l’innovazione a tutti i costi. Sarebbe opportuna, in tali spesso velleitarie emergenze, una ripassata di storia, dalla Magna Charta alle grandi Costituzioni settecentesche, nate da Rivoluzioni che sono state le più autentiche e durature fiaccole dell’epoca dei Lumi, e analizzare se i cambiamenti - spesso radicali che ne sono derivati - abbiano giovato al Bene Comune, meta ultima di ogni governo che possa meritare rispetto e durata.
Se la Magna Charta resta nelle sue linee essenziali fedele nei secoli al suo originario impegno come, grosso modo, la Dichiarazione d’Indipendenza dei coloni americani e la relativa Costituzione, ben diversa è stata la sorte delle Costituzioni settecentesche francesi e di quella napoletana, espressioni deflagranti del movimento di pensiero che impresse al tempo e alla storia un’accelerazione vertiginosa. In quegli anni un gruppo di enciclopedisti francesi che, catalogandone le voci, rese a tutti intelligibile la conoscenza, uno scienziato che dall’Università di Napoli illustrò al mondo l’ancora fraintesa componente umanistico-filosofica dell’Economia Politica e quindi la vitale importanza della Politica economica, un gruppo d’intellettuali che avevano a cuore le condizioni del popolo e un giovane filosofo napoletano che ne aveva a cuore la felicità contribuirono alla violenta virata della storia che ne avrebbe cambiato per sempre il corso. Se pure molti degli obiettivi e delle speranze di uomini come D’Alembert e Diderot, Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri, Mario Pagano, Domenico Cirillo, della appassionata Eleonora Pimentel-Fonseca caddero, almeno apparentemente, sotto le ripercussioni del loro stesso ideale portato avanti come una lancia di guerra, più che come una bandiera di civiltà, le Rivoluzioni settecentesche sono state contemporaneamente punto d’approdo di millenni di conflitti e di sopraffazioni, e punto di partenza di una concezione del mondo dove gli uomini non dovessero più uccidere per non essere uccisi, ma vivere con la consapevolezza dei propri diritti e la libertà di inventare, produrre, creare e consegnare al futuro le proprie conquiste.
È il trionfo della Ragione, dell’ansia di rinnovamento e di un futuro pieno di promesse che include per la prima volta nelle sue componenti il meno ponderabile il più desiderato dei beni: la Felicità.
L’incontro sul tema a Palazzo Serra di Cassano dal titolo "Luci e ombre delle rivoluzioni settecentesche" appare, in tale visione, quanto mai tempestivo. Nel Salone degli specchi, affollato dagli allievi dell’Istituto Superiore Mario Pagano – Gian Lorenzo Bernini, si è ricreata l’atmosfera delle lezioni del professore Antonio Gargano, che per decenni ha accompagnato all’esame di maturità tante generazioni di allievi dei nostri licei. A introdurre l’incontro, un video di RAI 3 ripreso a Palomonte nel 2014 dove un veemente avvocato Gerardo Marotta fa una lectio appassionata sulla sua più amata Rivoluzione, quella napoletana del 1779, ispirata agli altissimi ideali che la rendono degna della città platonica, la città sede delle virtù e della giustizia. Tra i temi del convegno la Costituzione americana, le Costituzioni redatte nelle varie fasi della Rivoluzione francese, quella napoletana di Mario Pagano, la più perfetta, e che non ebbe il tempo di entrare in vigore, sono state illustrate come altrettante pagine di civiltà dettate dalla Storia.
In esse figura tra i diritti quello dei popoli alla Felicità, e su tutto ciò sarebbe bene riflettere e ritornare per integrarne le attuali Carte costituzionali da parte di chi si è assunto, insieme agli onori, gli oneri del potere che ha una ragione d’essere solo se esercitato nel nome del Bene Comune. È necessario che i giovani sappiano quanto delle antiche conquiste è andato perduto. Solo una futura classe dirigente consapevole, al cui magistero e alla cui formazione Gerardo Marotta ha dedicato l’impegno dell’Istituto Italiano per gli Studi filosofici e la sua stessa vita, potrà difendere le conquiste di secoli di lotte e di dolore e non lasciare che vadano miseramente perdute.
Il merito del convegno, al quale hanno assistito il Dirigente Scolastico Francesco De Rosa e alcuni docenti dell’Istituto Superiore Mario Pagano – Gian Lorenzo Bernini (nomi quanto mai coincidenti col nostro tema), va alla professoressa Gabriella Murolo che ha completato il suo profondo insegnamento di una vicenda storica, tra le più incisive sul destino dell’uomo e del suo percorso di civiltà, con una "drammatizzazione" della Rivoluzione napoletana. Gli allievi dell’Istituto hanno ricordato i Martiri della Repubblica Napoletana del 1799 nel momento più triste e terribile della sconfitta, il processo e l’avvio al patibolo, con un’azione teatrale e musicale appassionata e intensa, mettendo in luce tutte le loro capacità di immedesimarsi nei personaggi nel rendere viva la memoria degli eventi storici. Con commossa consapevolezza, essi hanno dato voce e vita a tre dei tragici protagonisti delle vicende del ’99, Eleonora Pimentel Fonseca, Mario Pagano e Gennaro Serra di Cassano mettendo in risalto la coerenza tra scene, canti, musiche e costumi: un vero e proprio spettacolo che verrà riproposto nella prossima stagione scolastica. Le Costituzioni settecentesche sono state illustrate nei loro contenuti comuni e nelle loro differenze da Anna Maria Siena. A conclusione dell’incontro, il professore Raffaele Catalano ha tracciato con incomparabile ricchezza concettuale e dialettica una efficiente sintesi su quanto la storia, la filosofia, la scienza e la politica abbiano contribuito a riscrivere la storia del mondo.
"Col nostro convegno e con le lezioni che l’hanno preceduto, col nostro spettacolo che sarà programmatico e itinerante, ci proponiamo di dare a questo imperativo che ci consegna la storia il nostro piccolo e appassionato contributo convinti che la luce di quegli ideali, consegnata simbolicamente ai giovani allievi nella rappresentazione perché ne evidenziassero la ancora vivida forza, rischia di spegnersi del tutto o, peggio, di venire drammaticamente fraintesa. Con Gerardo Marotta, siamo convinti che solo le giovani generazioni, rese consapevoli e responsabili, possano difendere le conquiste della civiltà, col loro immenso costo di sangue e di dolore, perché non se ne disperdano anche le memorie in una desolante deriva".