Io vi voglio bene assai
Iuppiter Edizioni
di Roberto Bratti
«Io vi voglio bene assai», undicesima fatica letteraria del giornalista Franco Esposito, pubblicato da Iuppiter Edizioni, è uno di quei libri che vorresti non finisse mai. Ogni pagina trasuda di vita vissuta. Sei Olimpiadi seguite sul campo, cinque edizioni dei campionati del mondo di calcio. E poi pugilato, nuoto, pallanuoto, ciclismo ed atletica leggera. Cinquant’anni di sport visti con gli occhi di chi ha fatto di una passione un mestiere.
Come è arrivata l’idea di questo libro?
L’idea nasce dal punto di partenza, scrivere qualcosa di diverso. Ha raccolto l’amabile invito-sfida della mia insegnante di scrittura creativa all’UniTre di Grosseto, la professoressa Bernardina Tarlati. Aveva letto i miei libri di sport, lei mai interessata allo sport: le erano piaciuti. Un giorno mi fa, in pubblico: perché non scrivi un romanzo d’amore? Penso alla tua bella scrittura e alla tua fantasia: provaci.
Ma questo non è un romanzo d’amore?
Ho pensato subito al titolo, parafrasando quello di un famoso film, protagonisti Jennifer Jones e William Holden. “L’amore è una cosa meravigliosa” poteva andare bene. Dico a me stesso, adesso parto in quarta. Poi, la riflessione quasi immediata: via, lascia perdere, non riuscirai mai a scrivere una storia d’amore di pura fantasia di duecentocinquanta pagine. Sono rientrato precipitosamente nel mio brodo.
Dopo aver scritto per anni delle imprese altrui, come è stato raccontarsi in prima persona?
Facile non è stato, proprio no. Un dubbio mi ha assalito, ma chi sono io per scrivere la mia autobiografia? Mi ha soccorso un guizzo di fantasia: mescola tutto, realizza un frappè, fai un cocktail con le tue passioni. Lo sport, il giornalismo, le donne, i libri. Li ho intrecciati con la Napoli di quei tempi, ne è venuta fuori la descrizione di un mondo, di un’epoca, abitudini e svaghi che sanno quasi di affascinante jurassico.
Napoli, il quartiere Chiaia, il Vomero. Spaccati di Napoli o che cosa?
Rappresentazioni, ricordi. Il bel tempo che fu, almeno per quelli della mia generazione e per me. La musica e le canzoni, gli eventi di quegli anni. I balletti, il calcio con la palla di pezza o il super Santos. I miei coetanei ed io impegnati in ingenue sfide sportive e giovani spettatori del Napoli allo stadio.
Poi, il sogno di diventare giornalista...
Già, il sogno. Vorrei qui sintetizzarlo nella frase di Philippe Petit, mitico funambolo e acrobata francese. “I limiti esistono solo nell’anima di chi è a corto di sogni”. Nel riproporre la nascita e il percorso del sogno, mi sono affidato in ogni caso all’ironia. Il taglio giusto è venuto fuori quasi per caso.
Chi l’ha aiutata a ricordare: il diario personale scritto giorno dopo giorno, gli appunti di una vita?
La mia memoria, solo lei. Le ho chiesto uno sforzo e mi ha accontentato. La memoria mia unica, formidabile, fenomenale alleata.
In gioventù ha lavorato in libreria da Tullio Pironti. è lì che, circondato dai libri, è nata la passione per la letteratura. Quali sono stati i suoi maestri?
La libreria e i libri mi hanno arricchito. I miei maestri... quelli di giornalismo o di letteratura?
Gli uni e gli altri.
L’elenco sarebbe lunghissimo, non solo piacevole. Joyce, Hemingway e gli americani. Kerouac, Fitzgerald, Bukowski, quelli della beat generation. E il meglio dei maestri giornalisti: Palumbo, Cassero, Acampora, Marcucci, Masiello, Aldo Bovio. Mi sono abbeverato alle migliori fonti italiani: il Corriere della Sera e Il Giorno li ho divorati.
Qual è il libro che ha attualmente sul comodino?
“Oltre il fiume” di J.R. Moehringer, scrittore sensazionale, bravo da impazzire. Premio Pulitzer, ha scritto “Open”, la biografia di Andrè Agassi. Un capolavoro.
Nel romanzo, il terzo protagonista, dopo lo sport e il giornalismo, è sicuramente l’amore…
Sì, l’amore. Quell’articolo pieno di refusi, un pezzo non riuscito, nel linguaggio giornalistico. Sì, confermo: mi ritengo single involontario. Credevo infatti di essere tagliato per la vita di coppia, non è andata bene. Qualche rammarico, però nessun rimpianto. Ho dato tutto anche in amore, non solo al mestiere di giornalista.
Quando e con chi si è sentito meno single involontario?
In ognuna delle cinque storie importanti della mia vita. Le ho vissute in maniera esclusiva e totale. Forse troppo. Sono stato eccessivo, ma questo è il mio carattere. Sbagliato? Forse sì.
Cinque storie importanti che accompagnano il lettore in cinquant’anni di avvenimenti sportivi. A quale storia resta più legato?
I nomi sono di fantasia, per ovvi motivi; vere, autentiche le storie e le situazioni. Posso abbinare ad ognuna un aggettivo? Laura indimenticabile: ma troppo giovani eravamo nel 1960. Simona reumatica, Marisol meravigliosa, Ornella sensazionale. Regina incomprensibile. Il libro è anche una risposta a lei, tenace e agguerrita sul tema della mia presunta inadattabilità al rapporto di coppia. Marisol o Ornella, la scelta è fra loro due. Vince Ornella, forse. Personalità, bellezza, carattere, simpatia, amore, condivisione, valori morali, cultura. La donna ideale. Purtroppo era impegnata.
Un altro protagonista del libro è il suo rapporto col Napoli. Dagli albori del Collana alla serie C, passando per gli anni gloriosi di Maradona. Nel capitolo dedicato al primo scudetto scrive: “Ho sempre pensato che questo giorno non sarebbe mai arrivato, che sarei morto senza poterlo vivere”. Come ha vissuto quel momento? Qual è il suo rapporto col calcio adesso?
Il mio rapporto con il calcio attuale è cattivo. Risultati inquinati dalle scommesse, livello basso, linguaggio sguaiato. Il pallone è lercio e sboccato. A Napoli, al Napoli e ai suoi appassionati tifosi, l’augurio sincero di poter rivivere la gioia che ho provato io il giorno del primo scudetto. Ancora oggi sono incredulo, stordito, meravigliosamente incantato, prigioniero di sensazioni strepitose, appaganti. Quella è stata davvero una grande gioia.
Ogni scrittore ha i suoi metodi. Preferisce scrivere di giorno o di notte?
Preferisco scrivere all’alba, d’estate; in inverno nel primo pomeriggio. Vado avanti fino a tarda sera. Anche sei ore al giorno. Preso il ritmo, sono svelto, rapido.
Può vantare ben tre finali consecutive al Bancarella Sport, il premio più prestigioso di letteratura sportiva. «Io vi voglio bene assai» è stato accolto molto bene dalla critica e sta avendo un ottimo successo di pubblico.
Il premio più grande è rappresentato dal gradimento dei lettori. Il Bancarella Sport è uno sballo, affascina come una donna bellissima.
Può essere l’anno buono…
Ne ho avuti già tre, di anni buoni. Conquistare un posto nella sestina finale del premio è come aver vinto tre scudetti di seguito. Lo scudetto più la Champions: è questo il significato che attribuisco alla vittoria finale. Pontremoli resta comunque un luogo magico, profuma di amore per il libro. Il massimo per me. E io gli voglio bene assaje, per dirla alla maniera nostra. In napoletano.