'Volevo essere Renato Pozzetto'

Intervista a Enzo Paci, il commissario Bacigalupo nella serie 'Blanca'

    di Daniele Vargiu

Per Iuppiternews abbiamo intervistato l’attore e cabarettista Enzo Paci. Nato a Genova e diplomato come attore presso il Teatro Stabile di Genova. Inizia come attore teatrale, per poi lavorare per un breve periodo presso Radio 19 (radio che appartiene al quotidiano genovese “Il Secolo”) e successivamente comincia a esibirsi nelle trasmissioni televisive comiche di Colorado nel 2007 e Zelig tra il 2009 e il 2013, entrambe in onda sui canali Mediaset.  Nel 2011 abbiamo modo di vederlo protagonista, con il personaggio di Mattia Passadore, appartenente alla trasmissione comica Central Station in onda su Comedy Central. Tre anni dopo è protagonista nel film di fantascienza “12 12 12” del regista Massimo Morini. Nel 2015 riprende parte al programma Colorado e tra il 2019 e il 2020 entra a far parte del cast della serie tv “Scatola Nera”; infine recentemente nel 2021 lo vediamo partecipe nella serie televisiva Rai “Blanca". 

Partiamo dalle origini. Tu inizialmente volevi fare il comico, e successivamente ti sei iscritto al teatro Stabile di Genova. Raccontaci in breve l’inizio della tua carriera.

 “La scelta di fare il comico è un sogno giovanile. A scuola nella distribuzione dei ruoli siccome quello del figo e del primo della classe erano già presi, mi sono ritagliato quello del buffone. Fare ridere era un modo per esistere, sopravvivere e accattivarsi le attenzioni degli altri. Poi verso i vent’anni ho pensato che quel sogno potesse trasformarsi in un progetto e così mi sono iscritto ad un corso di teatro nella scuola di recitazione “Quinta praticabile” di Modestina Caputo, ma sempre con l’intento di fare il comico”. 

Hai sempre avuto la passione di voler fare l’attore?

“No, io volevo diventare come Beppe Grillo e come Renato Pozzetto, volevo fare ridere la gente. Quando però nel 1997 ho passato il provino ed ho cominciato a frequentare la scuola del Teatro Stabile di Genova tutto è cambiato, mi sono innamorato della recitazione. La comicità è passata in secondo piano rispetto alle mie intenzioni. Quelli della scuola sono stati tre anni meravigliosi, ricchi di scoperte e stimoli. Mi hanno dato la possibilità di conoscere non solo degli insegnati strepitosi, come: Anna Laura Messeri, Massimo Mesciulam, Marco Sciaccaluga ma di incominciare anche far comprendere che quello dell’attore era un percorso percorribile, concretamente realizzabile. E ancora oggi dopo più di vent’anni di professione la curiosità e la passione non sono mai venute meno”.

Ultimamente sei giunto nello straordinario cast di Blanca, serie arrivata in streaming anche su Netflix. Si tratta di un genere poliziesco e che tratta soprattutto di inclusione, quale pensi sia stata la forza di questo progetto? 

“Credo che il tema dell’inclusione abbia fatto la differenza. La Lux Vide ha portato avanti con coraggio un progetto anche rischioso se vogliamo. È una novità importante nel panorama della Fiction Italiana. L’idea che la protagonista sia una ragazza non vedente, con uno spiccato talento investigativo, in grado di superare le difficoltà che la sua condizione comporta trasporta lo spettatore in una dimensione nuova, di scoperta. Un altro ingrediente a mio parere vincente è quella dose di cinismo, di politicamente scorretto che fa pari e patta con il troppo buonismo di altri prodotti televisivi dimostrando che politicamente scorretto non vuol dire necessariamente 'di cattivo gusto'. Dal punto di vista registico poi…  Jan Michelini ha dato un taglio veramente funky alla serie, quando ho visto la realizzazione finale, una delle cose che più mi hanno colpito è stato proprio il ritmo”.                                                                           

Il tuo personaggio ha avuto un riscontro più che positivo, te lo aspettavi?

“Potrei risponderti che ci speravo. Ma sono di Genova e una cosa che ci contraddistingue è un’innata parsimonia nei confronti dell’entusiasmo e dell’ottimismo” (Ride).

Come è avvenuta la scelta del tuo personaggio, e come è nata l’occasione?        

 “Tutto è iniziato con un self tape. Mi chiama la mia agente Patrizia Viglianti, parlandomi del progetto. Solitamente i provini li preparavo da solo, ma in quella occasione mi sono affidato alle cure di una cara amica, Fiorenza Pieri, attrice strepitosa, con la quale ho preparato le scene. Sentivo che la cosa giusta da fare era prepararmi in modo diverso, dovevo abbandonare la mia comfort zone. Rimettersi in discussione aiuta sempre. E così ho fatto. Poi dopo qualche tempo, passata la prima scrematura, sono andato a Roma per l’incontro con Jan Michelini. Ricordo che alla fine del provino mi abbracciò calorosamente. Uscendo in strada pensai: 'devo essere andato malissimo, il regista mi ha abbracciato per la pena'. E invece…”

 Come ti sei trovato con l’intero cast?                                                                                   

“Benissimo. Il giorno di inizio riprese il primo attore che ho incontrato nei camerini è stato Gualtiero Burzi. Un amico di vecchia data con il quale avevo condiviso anche una casa, nel periodo romano subito dopo il diploma. Non sapevo che facesse parte del cast. È stata un gran bella sorpresa scoprire che fosse proprio lui ad interpretare Nello Carità. Come per altro è stato bellissimo lavorare con Antonio Zavatteri, altro grande amico, che interpreta lo zio di Blanca, oppure Ugo Dighero, che fa il papà di Blanca, tutti amici che ho avuto la fortuna di conoscere lavorando in teatro. Ma la grande sorpresa sono stati Giuseppe Zeno e Maria Chiara Giannetta, sin da subito mi hanno fatto sentire a mio agio, e con i quali ho stretto un ottimo rapporto anche fuori dal set”.

Su cosa hai basato lo studio del tuo personaggio?                                                                                     

“Ho cercato subito di individuare in Bacigalupo le somiglianze e le differenze caratteriali che ci contraddistinguono. Per poi concentrarmi sulle differenze, cercando di aderire in qualche modo alla sua visione del mondo. Faccio un esempio: io non risponderei mai in modo così cinico ad un/a collega, a maggior ragione deridendola su una sua fragilità. Ma con Bacigalupo posso condividere la passione per la battuta di spirito, tipica di un certo sfottò molto frequente nei tratti cinici dell’umorismo genovese”.

Pensi di avere lasciato qualcosa di tuo al personaggio e se sì, cosa?                                                

“Spero di avergli donato un po’ di quell’umanità, intesa come imperfezione, che mi porto dietro, come la mia goffaggine, la mia inadeguatezza che mi ricorda sempre che sono solo un frammento nell’universo. Il mio non prendermi troppo sul serio”.

E dal personaggio a tua volta cosa hai lasciato? 

“In alcune puntate Bacigalupo mi ha regalato la determinazione nell’andare fino in fondo. Anche la faccia tosta di sbagliare e malgrado questo andare avanti non è male”.

Se il commissario fosse una persona reale, ci diverresti amico?                                                        

 “Si, non so lui! Probabilmente sarei oggetto delle sue urla e strepiti”.

Ti è mai capitato di giudicare un tuo personaggio?

“No, mai. Una delle prime cose che si insegna in accademia è proprio di non giudicare il personaggio che si deve interpretare. Noi attori dobbiamo sposarne gli intenti e gli obbiettivi. Solo così si riesce a comprenderne i pensieri”.

Torniamo per un attimo indietro nel tempo. La tua famiglia ti ha sempre supportato?                         

“I miei genitori da giovanissimi, prima di gestire il negozio di frutta e verdura, facevano entrambi i cantanti, si conobbero in una scuola di musica. Questo per dire che la suggestione del mondo dello spettacolo in casa mia c’è sempre stata. Certo comunicare loro che avrei lasciato il negozio per fare la scuola di recitazione non fu una passeggiata. Ricordo però con commozione quando tutta la famiglia venne in trasferta a Roma per vedermi in scena nel 'Gabbiano' di A. Cechov. Che emozione. E poi c’è mia sorella Cristina che mi segue dagli esordi. Come dice lei… è la mia fan numero uno”.

Prima di intraprendere la carriera dell’attore hai mai pensato di voler fare qualcos’altro?

“Sono fortunato. Faccio esattamente ciò che avrei voluto fare da sempre. Per un breve periodo ho pensato che avrei fatto l’odontotecnico, lavoro per cui ho studiato. Ma per fortuna ho desistito subito”.

Torniamo al tuo mestiere. Tu consigli di iniziare dal teatro o dal cinema?                                

“Citando Marco Sciaccaluga, storico regista del Teatro Stabile di Genova: cinema e teatro sono due cugini che ogni tanto si incontrano. Sono arti simili e diverse al contempo. In teatro impari tecniche specifiche per quello spazio. Ma la buona recitazione è uguale in entrambi i luoghi. Probabilmente però, in virtù di quelle specifiche del teatro, è più facile che dal teatro si passi al set che il contrario”.

Quanto serve sapersi muovere sopra un palco teatrale?                                                                            

“È fondamentale. Insieme alla danza, la recitazione è l’arte del corpo nello spazio. Spazio vuoto e silenzio, sono le tele dove un attore dipinge ogni sera il suo quadro”. 

Quale è il ruolo al quale sei più affezionato?                                                                     

 “Bacigalupo. Senza ombra di dubbio. E poi per quanto riguarda il cabaret Mattia Passadore il personaggio che ho proposto in tv. Gli voglio bene come a un fratello. È uno di famiglia”.              

Quale è il segreto per un bravo comico?                                                                                                                                               

 “Scrivere tanto. Non accontentarsi mai delle prime battute che ti vengono in mente perché probabilmente quelle, sono le prime che pensano tutti”. 

È difficile far ridere la gente?                                                                                                              

“Molto. Soprattutto quando il tuo gusto non intercetta quello di una parte del pubblico. Fare ridere è un lavoro in cui ci si espone molto. Se cadi ti fai male. Oggi poi sui social vieni subissato di critiche.  A peggiorare la situazione c’è la tendenza ipocrita a criticare il politicamente scorretto, ignorando il fatto che una battuta è sempre scorretta, è nella sua natura.  Si ride da sempre per la scivolata di un uomo su una buccia di banana.  L’unico a non ridere è lui mentre cade. La grande discriminante è se una battuta è buona o no, se fa ridere o no. Almeno io la penso così”.

Ci vuoi e ci puoi raccontare di altri progetti in corso o in uscita a breve? 

“A novembre su Sky debutta una nuova fiction, 'l Grande Gioco'. I protagonisti saranno Francesco Montanari, Elena Radonicich e Giancarlo Giannini. Si tratta di una serie che racconta il dietro le quinte del calcio e il mondo dei procuratori calcistici. Io interpreto Desio, uno di questi. E poi a breve riprenderò a girare Blanca 2”.





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