Ritorno alle patrie galere

Quando la prigione è meglio dei domiciliari

    di Adelaide Caravaglios

Deve essere stato proprio questo il pensiero dell’uomo che, ormai esasperato, pur di non restare un minuto di più a casa con la sorella ed il cognato, con il quale aveva – per sua stessa ammissione – una sorta di “incompatibilità caratteriale”, si è spontaneamente recato al più vicino comando dei carabinieri per chiedere di tornare in prigione. Non c’è stato nemmeno bisogno di “insistere”: la Corte di Cassazione (sentenza n. 8614/2016), confermando la decisione dei giudici di merito, ha, infatti, ritenuto l’uomo responsabile del reato di evasione (art. 385 c.p.) per essersi – si legge nella sentenza – “arbitrariamente allontanato dal luogo dove si trovava ristretto in regime di arresti domiciliari”. “Qualsiasi condotta di volontario allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari – spiegano all’uopo gli ermellini – in difetto di previa autorizzazione da parte della competente autorità giudiziaria, vale ad integrare il reato previsto e punito dall’art. 385 c.p., comportando la lesione dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice al rispetto dell’autorità delle decisioni giudiziarie”. Tutto ciò anche perché non hanno alcun rilievo “i motivi alla base della determinazione del soggetto agente”, sebbene riconducibili al deterioramento del rapporto con i familiari, “trattandosi di situazione ad esempio ovviabile mediante la richiesta di mutamento della restrizione”.

Guarda tu a cosa ti possono portare dei “parenti serpenti”!!





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