Fabio Donato a villa Lysis
Fino a dicembre la mostra "La Capri di Pasquale Trisorio e Lucio Amelio"
di Maria Regina De Luca
La Mostra a Villa Lysis, a cura di Maria Savarese e Fabio Donato, rientra nei progetti dell’Associazione culturale Gulliver-Epochè e Apeiron rivolti a restituire a Capri l’antica vocazione turistica anche invernale, di luogo "senza tempo" che Cerio consacrò nell’orologio senza sfere de "L’ora di Capri". Resterà infatti aperta fino a fine dicembre ed è intensa la frequentazione della via che per antiche memorie: La Monetella, Villa Moneta, La Schiava, Villa Aurora e i loro abitanti la cui storia è già mito, ci porta alla dimora consacrata alla jeunesse d’amour, la stagione più breve della vita. Sintesi di art noveau e Liberty, neo classico e "stile di Capri" con citazioni impressionistiche, l’eremo si confronta oggi con un’arte che ebbe lunga dimora a Villa Orlandi sulla collina augustea, dirimpettaia di quella tiberiana.
Ne sono nuclei il progetto fotografico di Fabio Donato, "Una giornata indimenticabile", che nell’ottobre del 1971 vede a Capri Beuys e famiglia ospiti a villa Orlandi, e "Capri, un pretesto", mostra di Trisorio alla Certosa nel 1983. Nella polifonia polisemantica della Mostra spiccano le acute analisi del clima culturale della Capri anni Settanta di Luciano Ferrara ma da Fontana, Ghirei, Jodice, Hollander ai disegni sul libro degli ospiti di Villa Orlandi a Beuys e Kunellis a Merz a Nino Longobardi a Carlo Alfano partono voci che raccontano ciascuna a suo modo una storia. La vibrazione energetica di "Capri-batterie", fatta "a Capri e per Capri" da Beuys nel 1985, la video-intervista di Mario Franco a Lucia Trisorio sono parte della ricchezza espositiva che figurerà nel catalogo in prossima uscita ma tutto qui è provocatoriamente in mostra e chiede di esser interpretato.
Questo giardino mediterraneo di piante e d’ erbe dedicate agli dei, il mirto e le rose di Afrodite, l’edera di Dioniso e i melograni di Hera, i cipressi di Hades, le allegorie efebico-panteiste delle sculture di Francesco Jerace sono le toccanti espressioni della ritualità pagana di un esteta che cercò un rimedio all’infelicità nella Capri di allora, zona franca di intellettuali e giramondo, di aristocratici e rivoluzionari provenienti dalla stessa madre Russia, di disadattati dal mondo. Qui vennero in visita la Marchesa Casati, Norman Douglas, Ada Negri, le signorine Perry-Walcott che comunicavano con Villa Lysis dalla Torricella mediante segnali luminosi, e tutti quanti eressero, ciascuno a un suo dio, le Dimore del Mito dell’isola. Oggi villa Fersen è in diretto colloquio con Villa Orlandi, la casa di campagna restaurata da Edwin Cerio e acquistata da Giuseppe Orlandi, per vent’anni centro internazionale dell’arte contemporanea.
Per l’accorta regia di Fabio Donato, nella cui opera scorre il tempo del mondo, oggi e qui l’arte contemporanea si conferma anch’essa senza tempo, come una meridiana che segna solo ore di luce. Ci seduce questo mondo "guardato in limine", dalla soglia da non varcare se non da piedi di pellegrini, forse come quelli degli artisti veri, come quelli di Donato il cui percorso professionale nella storia dei linguaggi dell’arte è un denso e sensoso peregrinare tra esperienze con archeologi quali G.Vallet, col Museo della Medicina di Parigi, ma il mondo non ha confini per chi riesce ad accampare nella sua oasi di desideri e di curiosità tutte le arti, visive o meno, la medicina come archeologia della creazione e l’archeologia come viatico per millenni di vita. In Francia Brasile Cina Messico le sue opere figurano in collezioni museali come le sue mostre antologiche che potrebbero venir tutte firmate come quella dove è stato definito "Viandante tra le arti". Il suo gironzolare nel tempo circolare l’ha portato più volte in India traendone immagini sconvolgenti "non per compiacimento pittoresco ma per emozione". Se il suo osservatorio artistico privilegiato gli ha fatto conoscere Beuys e Warhol, Amelio e Nitsch, Sboboda ed Eduardo, il binario parallelo "poetico" l’ha indotto a indugiare su temi quali la sospensione del tempo, la soglia come linea di demarcazione tra dimensioni mentali contrapposte, sul doppio, l’altro da sé. Da vent’ anni insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove è coordinatore del biennio specialistico di fotografia e la sua casa è nel cuore antico della città. Napoli, dove il cerchio del tempo si dilata in infiniti corridoi a doppio senso, ma può chiudersi in ogni attimo, è punto di convergenza dei diversi rivi nei quali il suo eros si è incanalato e che dalla linfa vitale delle radici continua ad attingere energia, desiderio, appagamento, perfino speranza e, talvolta, la gioia.