Carafa di Maddaloni, il palazzo del barocco

In continuo restauro dopo i danneggiamenti della II Guerra Mondiale e del terremoto dell'80

    di Liberato Russo

Eretto intorno al 1570 per volontà del duca Cesare d’Avalos, marchese d’Aragona, che aveva ottenuto in censuo il terreno dai Pignatelli di Monteleone, è Palazzo Carafa di Maddaloni, esemplare prova di residenza barocca napoletana. Dalla planimetria irregolare, in seguito alle varie annessioni di terreni vicini, tra i quali il giardino dei monaci di Monteoliveto, l’edificio nobiliare occupa oggi un intero isolato tra via Toledo e via Sant’Anna de’Lombardi. Acquistato nel 1652 dal banchiere fiammingo Gaspare Roomer, che appronta significativi miglioramenti, il palazzo passò poi, tramite lo scambio con una villa a Barra, al Diomede Carafa duca di Maddaloni di cui porta tutt’oggi il nome.

Il tirannico duca, preda della furia rivoluzionaria di Masaniello, che assalì più volte il palazzo saccheggiandone i tesori, fu però il committente, a cessata rivoluzione, del restauro dell’edificio in chiave barocca, affidandone i lavori all’architetto bergamasco Cosimo Fanzago. Coadiuvato da marmorari e pittori, il progetto fanzaghiano interessò principalmente la facciata, il portale, lo scalone e il loggiato, oltre alla trasformazione delle finestre in balconi. In particolare la sfarzosa facciata di marmo e piperno su via Maddaloni, con l’arco a tutto sesto che introduce una rosa lignea del Seicento, appare come la celebrazione del potere riconsolidato del duca, un ammodernamento scenografico farcito di decorazioni. La volta affrescata, il porticato secentesco e i lavori di alcuni tra i più importanti pittori barocchi e rococò, come Fedele Fischetti, Giacomo del Po e Micco Spadaro, sono solo alcuni dei tesori e delle opere d’arte che hanno arricchito il palazzo dai tempi del Roomer, per lo più andati perduti dopo la sua morte e dopo vari passaggi ereditari.

La proprietà rimase dei Carafa fino al 1806 quando un erede sommerso dai debiti lo vende frazionandolo in più ambienti. Come ricordano tre epigrafi esposte all’esterno, il palazzo ospitò, tra gli altri, la Suprema Corte di Giustizia, il sindaco Luigi Miraglia e il filantropo Leopoldo Rodinò.

Vincolato come patrimonio nazionale nel 1939, danneggiato da due bombe durante la Seconda Guerra Mondiale e dal terremoto del 1980, Palazzo Carafa di Maddaloni vive oggi un lento percorso di restauro, destino tristemente comune a tante opere cittadine, nel tentativo di ridare degno splendore alle ampie sale affrescate che caratterizzano gli interni, attualmente adibiti ad uffici ed appartamenti privati.





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