Una domus pompeiana a Napoli

Palazzo Pignatelli, la villa dall'ampio giardino progettata su incarico di Ferdinando Acton

    di Liberato Russo

Considerato alla stregua di una villa, pensato come una domus pompeiana, è Palazzo Pignatelli, celebre esempio dell’architettura neoclassica napoletana situato lungo la Riviera di Chiaia. Conosciuto anche come Villa Pignatelli, sorge all’interno di un ampio parco che in origine risaliva fino alla collina del Vomero. Donato allo Stato nel 1955 dalla principessa Rosina Pignatelli, sotto la quale divenne centro di mondanità e fasti della nobiltà napoletana, l’edificio è oggi un Museo intitolato al marito Diego Aragona Pignatelli Cortes, duca di Monteleone, che acquistò la villa nel 1841 dalla famiglia Rothschild.

Progettata da Giorgio Valente, all’incirca nel 1827 su incarico di Ferdinando Acton (nipote del celebre ammiraglio), la villa si caratterizza per la magniloquenza e la compresenza di stili diversi, dal neorinascimentale delle torrette d’ingresso, alle riprese dell’architettura greca antica, fino all’originale soluzione del monumentale colonnato neodorico, sovrapposto al retrostante ordine ionico della facciata. Inoltre la particolare disposizione e strutturazione della palazzina residenziale e dell’ingresso principale posto sul retro della stessa, fu una soluzione del tutto nuova rispetto agli standard architettonici dell’epoca.

Il gusto del committente inglese si riflette anche nel giardino, che mantiene intatto l’impianto originario ideato da Guglielmo Bechi, con l’edificio al centro di esso, e le aiuole ricolme di piante rare ed esotiche. Alla morte di Acton la proprietà fu acquistata dai Rothschild. Dal cambio di proprietà derivarono diversi mutamenti nell’arredo, a testimoniare un ricercata ecletticità tipica di fine Ottocento.

Villa Pignatelli ha dunque intrecciato la sua storia con quella partenopea, seguendo in particolare le sorti dei reali borbonici: all’Unità d’Italia infatti alla fuga di questi ultimi seguì quella dei potenti banchieri francofortesi, i quali durante il loro periodo ampliarono la villa conferendo ai suoi interni un aspetto sontuoso grazie all’intervento di Gaetano Genovese, che portò a termine le decorazioni iniziate da un anonimo architetto francese.

Di gran pregio i tre salotti centrali attraverso i quali si articola l’appartamento: quello azzurro, che introduce alla grande Sala da ballo, quello rosso, che mette in comunicazione l’ingresso con la monumentale veranda neoclassica, e quello verde, ambiente di raccordo tra la sfarzosa Biblioteca e la sala da pranzo. Tramite lo scalone nobile si accede invece al piano superiore che ospitava in origine la dimora del proprietario.

Rosa Fici, questo il nome della nobildonna Rosina, al momento della concessione della villa allo Stato si assicurò che nulla degli arredi venisse modificato o trasferito in altre collezioni, dando vita così ad una vera e propria casa-museo: la ricchezza degli arredi ottocenteschi, i pregevoli argenti e suppellettili, gli oggetti in bronzo dorato, testimoniano il particolare interesse collezionistico per le arti applicate, raggiungendo il suo apice nella vasta raccolta di ceramiche di diverse manifatture internazionali, ma soprattutto di porcellane di produzione napoletana.





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