L'eleganza in un cappello

Tra piume e velluto, dal 1955 la Modisteria Emma orna i capi della Napoli bene

    di Maria Regina De Luca

Nell’avanzante deriva dell’arte del vestire, la piccola vetrina quasi nascosta in un’insenatura della strada che fu il salotto di Napoli è fiorita insieme alla primavera esponendo i suoi preziosi e desueti capi di abbigliamento: i cappelli da donna sotto le cui falde, un tempo vere e proprie armi di seduzione, i volti si palesavano o volutamente si nascondevano tra luce e ombra. Nelle loro antichissime origini i cappelli hanno scopi magici, sono segni identificativi del potere di faraoni, di sovrani e di pontefici e, nella loro versione femminile, sono segno di distinzione sociale e culturale. 

Nelle infinite simbologie dei cappelli, particolarmente affascinante è il tricorno settecentesco, l’emblema di una Rivoluzione che cambierà la storia del mondo. Allo stesso modo, la paglia di Firenze coi nastri di velluto verde di Rossella ‘O Hara diventa il segno di un’epoca ancora ferma sull’orlo di uno stile di pensiero e di vita che sarà ben presto spazzato via dal vento di un mutamento irreversibile.

Ma torniamo alla nostra vetrina la cui insegna, Modisteria Emma, è lì dal 1955 ed è ben nota a quanti ne hanno scritto i commenti e gli articoli esposti dalla nipote della fondatrice, la signora Antonietta Calabrese, sulle pareti del piccolo spazio interno. Qui la signora ci mostra il suo campionario di capolavori e ci comunica che il cappello è tornato di moda presso le giovani generazioni.

Nel piccolo negozio aperto su uno slargo tranquillo che ricorda la Napoli ornata di giardini e di verde del secolo scorso, la Modista risponde con acume a domande un po’ provocatorie: è la "Napoli bene" che ricorre alle sue creazioni, quella "che se si salva, di salva da sé". E così la provincia e i centri vicini, dove la tradizione ha di solito radici più solide, ha il suo punto di riferimento in questa raffinata e instancabile creatrice che esegue da sola un lavoro dove la creatività estetica diventa realtà solo attraverso un perfetto lavoro di esecuzione. Ecco feltri, paglia, seta, velluto, piume e fiori, d’ogni forma e colore, venir modellati ad arte perché si conformino al volto e al portamento della destinataria, al luogo e dall’ora dell’evento.

Apprendiamo che, alla riapertura dell’Ippodromo di Agnano, le signore sono accorse incappellate appropriatamente di paglie a larga tesa, mentre il pomeriggio richiede falde più piccole e la sera son d’obbligo le acconciature. Nei Balli a tete la testa vincente è la più ornata, ma di solito la nostra raffinata Signora si rifiuta di dare alla cliente un cappello inadeguato all’ora al luogo al volto e all’avvenimento e preferisce perdere la cliente e non il suo decoro di maestra e consigliera di stile. Nel gusto imbastardito, nella finezza del vestire e del vivere perdute di vista da decenni, nella confusione socio culturale dei ruoli la piccola bottega dei miracoli conserva la sua dignità culturale ed estetica e ci consente la speranza che non tutto, anche per merito delle piccole oasi di bellezza delle quali esse è espressione, sia ancora perduto.





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