LIBRI Un giro di bardo

Una parola, e aspetta domani

    di Maria Neve Iervolino

La forma semplice e curata della collana SolleCitazioni edita da Iuppiter Edizioni suggerisce subito lo stile poetico e sfuggente di questo progetto editoriale. Sulla copertina è stilizzata una gabbietta per uccelli bianca e vuota, in uno spazio indefinito blu profondo. Figura che rimanda a una idea inafferrabile, che non può essere catturata. Una piccola ma efficace immagine a cui corrispondono suggestioni surreali.

Surreale è anche la trama dell’opera, che non c’è, o meglio c’è ma si percepisce alla conclusione della lettura, dove il giro è completo, dove un intreccio di frammenti, che non vuole essere un corpo unico, si palesa come volontà letteraria del bardo. Foglietti, lettere, ritratti, appunti, legati solo dall’arabesco artistico. Un esercizio puramente letterario. Questa matrice viene evidenziata dall’autore nella nota di apertura del testo, in cui viene presentato il segreto protagonista, il bardo de Merli.

Cornice del libro sono due illustrazioni: “Pioggia di ciliegie” di Livio Auditore e “Il poeta” di Max De Francesco, che ritrae il bardo nella sua piena natura onirica. I disegni hanno gusto infantile e terso, della fantasia, non della metafora.

Ideatore è Max De Francesco, direttore del giornale Chiaia Magazine, giornalista e scrittore, conoscitore della cultura partenopea e del mondo lirico. È imprenditore della cultura, “raccomandato dalle idee” secondo il motto della sua società Iuppiter Group.

Tra risse sulle stelle e nascite solari De Francesco crea un mondo inquieto mai banale. Troviamo tra le pagine un Odisseo che ha ceduto ai richiami delle Sirene, poco leggendario e molto stanco. Un maestro Targiò che insegna la pazienza d’amare, e altri personaggi, frutto di citazioni o dell’invenzione. Nel centosedicesimo giro di bardo troviamo un mondo che non pretende di rinchiudere entro schemi la poesia. La poesia di Don Chisciotte, tra viole e girasoli, si scontra con i mulini, tempi meccanizzati del profitto, la trasformazione dell’arte in consumo, per difendere il suo tempo e l’amata Dulcinea, un ideale.

Queste solle-citazioni a cui non si deve restare indifferenti, non sono furti, giacché l’autore non se ne appropria, ma le restituisce in un insieme organico che sa di letteratura sapienziale.  Si oppone alle lettura di consumo.

L’opera di Max De Francesco è una chimera della letteratura, il suo riflesso bardo è chimera: “Rimane in equilibrio su una mezzaluna all’apparenza goffa ma munita di anima leggere. […] Non è armato di sole parole, ma ha una lancia smilza che fionda nel cielo quando gli pare e due corna eleganti che ricordano gli elmi dei samurai. Ha un occhio grande, fisso sulle piccole cose.” Scrive piccoli giri per i giornali, e con quelli li beffa. “Una parola e aspetta domani” è l’invito di De Francesco. Anzi del bardo.





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