Vietato ai minori

Com'è cambiata la censura dall'antica Roma a oggi

    di Amedeo Forastiere

La censura, il controllo e la repressione di ciò che gli uomini pensano ed esprimono per iscritto, nei disegni, nelle pitture, nelle sculture e nelle poesie, sono vecchi come il mondo. L’istituzione della censura come magistratura arriva dai romani, che hanno inventato la parola dal sostantivo caesoria (cesoia). Per definizione, censura è l’operazione legale che taglia tutto ciò che può offendere il pudore. Occorre però fare una distinzione, separando quella nel rispetto e difesa della morale, e quella imposta da governi dittatoriali. 

Prima facciamo un passo indietro per non creare confusione. La magistratura del censore fu istituita nel 443 a.C. in conformità a una proposta presentata al Senato, non solo per la difesa della morale, ma anche per quel problema sempre più pressante del ritardo con cui erano tenuti i censimenti, fino allora di responsabilità dei consoli.

Nell’antica Roma Il censore tagliava le frange troppo lussuose degli abiti e gli ornamenti disdicevoli rispetto a quell’ideale di sobrietà che i romani consideravano giusto per se stessi. Dopo il Congresso di Vienna (1814-1815) le monarchie istituirono un incisivo controllo di censura sulla stampa. Nelle capitali dei vari Stati, nei centri urbani più importanti, in genere usciva solo un foglio ufficiale della monarchia, generalmente intitolato Gazzetta, che serviva per la pubblicazione delle leggi e di una cronaca attentamente selezionata dalla censura.

Tuttavia erano presenti dei periodici letterari e culturali, dove potevano essere espresse più liberamente nuove idee. Nel 1816, su iniziativa degli austriaci, a Milano nasce un mensile letterario intitolato Biblioteca Italiana, in cui sono invitati a collaborare (non sempre con successo) tanti intellettuali e letterati, oltre quattrocento in tutta Italia. Un’altra rivista faceva da contraltare, Il Conciliatore, un periodico statistico-letterario vicino alle idee romantiche di Madame de Staël (scrittrice francese), che ebbe breve vita e nel 1819 fu costretto alla chiusura.

Nella storia del nostro paese, la censura ha giocato sempre un ruolo importante, decisionale e inappellabile. Il divieto non era mai discusso, in particolar modo nel periodo fascista. Con la nascita della repubblica sociale (RSI), di censura si parlava poco, ma non cambiò molto, le cose rimasero tali, solo con un sostantivo diverso: vietato.

Mi arrivano i ricordi da adolescente, quando i film erano vietati ai minori di 14-16-18 anni. Ci inventavamo di tutto per convincere la maschera del cinema che avevamo più di quattordici anni, età minima per accedere alla sala dove proiettavano il film bandito. Ricordo che una volta riuscii a convincere la maschera del cinema Modernissimo di Napoli che io avessi più di quattordici anni; sono sempre sembrato più grande dell’età anagrafica. Volevo scoprire quel mondo che a noi ragazzi era precluso, cosa nascondesse, che scena erotica (noi usavamo il termine, ci sta’ ‘a scena sporca) ci fosse in quella pellicola.

Rimasi concentrato tutto il tempo del film in attesa della scena erotica. Non ricordo nemmeno più il titolo, né gli attori, tanto ero preso dall’arrivo della sequenza proibita. Finalmente arrivò. Fu un bacio molto passionale, lo ricordo ancora, ma oltre a quelle labbra infuocate, che si azzeccarono come colla, niente di più, il vietato ai minori di quattordici anni era tutto lì, in un bacio passionale. Dicevano che avrebbe disturbato il sonno, ci saremmo agitati…sotto le coperte potevano accadere atti impuri.

Nei film vietati ai minori di sedici anni, oltre a una coscia, una scolatura generosa e tanti baci passionali, potevi vedere anche qualche gonna sollevata. Quelli vietati ai diciotto, beh, erano veramente da notte insonne. Una volta, superata la maggiore età, ho visto una donna tutta nuda, ebbene sì, confesso, quella notte non ho dormito per niente, sotto le coperte, ci furono scosse telluriche.

Oggi, con quello che si vede in TV, quel passato, non tanto remoto, sembra preistoria. La censura cinematografica non c’è più, il ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 1998 abrogava l’art 11 rimuovendo quindi la censura, che non era relativa solo alle scene di sesso, ma anche a tutte quelle sequenze violente fatte di omicidi, sangue, e tutto ciò che poteva essere volgare. Ai tanti ragazzi minorenni fu scippato il sogno di crescere in fretta, il sapore dell’attesa, il raggiungere l’età consentita dalla legge per vedere finalmente tutti i divieti della censura. Avere diciotto’anni significava essere uomini.

Anche sulle canzoni spesso è intervenuta la censura. Il caso più clamoroso che ricordo accadde nel 1971 con Lucio Dalla, per la sua Quattro marzo 1943. Pare, da indiscrezioni circolanti nell’ambiente musicale, che si scomodò a prendere le forbici addirittura il Vaticano, sforbiciando alcune parole del testo. Questo lo dicono voci di corridoio, sarebbe proprio il caso di dire Vox Populi, vox Dei.

Il testo originale della canzone di Dalla diceva: E anche adesso che bestemmio e bevo vino, per i ladri e puttane del porto sono, Gesù Bambino. La censura, su volontà del Vaticano, tagliò ladri e puttane cambiando il verso in questo modo: E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino. Anche il titolo fu cambiato passando da Gesù Bambino a Quattro marzo 1943. Non era ammissibile che una canzone con Gesù Bambino nel titolo, parlasse di ladri e puttane. Nonostante i tagli della censura, ebbe notevole successo.

Oggi in tv quando danno un film che una volta era considerato vietato ai minori, mettono un bollino rosso con scritto: si consiglia la visione a un pubblico adulto. Che vuol dire? Che chi non accetta consigli può vederlo? Il sostantivo censura si usa poco, forse gli unici a farne ancora uso sono quegli ultimi nostalgici che da ragazzi si sono persi davanti al manifesto del cinema che metteva una striscia bianca scritta in rosso: Vietato ai minori di 16 anni. La censura oggi ha lasciato il passo al vietato: sostare, parcheggiare, circolare, superare il limite di velocità.

Pochi giorni fa mi trovavo alla stazione ferroviaria del mio paesello. Come tutte le stazioni secondarie, c’è sempre un certo silenzio, rotto ogni tanto da quella voce registrata dell’altoparlante che ricorda ai passeggeri le cose che non bisogna fare, quelle vietate: È vietato attraversare i binari, è vietato oltre passare la linea gialla, è vietato lasciare bagagli incustoditi. Da lontano sento una voce forte di uomo anziano, che domanda alla voce del vietato: Ma o’ treno o’ pòzzo piglià?

Alla prossima ragazzi.





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