Si cambia tutto per non cambiare niente

Aspettando le elezioni del 4 marzo...

    di Amedeo Forastiere

La data delle prossime elezioni, 4 marzo, mi porta alla mente la canzone di Lucio Dalla 4 marzo 1943. Il testo della canzone non parla di politica, tanto meno di elezioni, ma leggendolo bene forse qualcosa con le prossime elezioni ha a che fare. Ormai è iniziata la campagna elettorale, i politici di tutti i partiti sono presenti in tutte le trasmissioni televisive, telegiornali compresi. Acchittati, di bell'aspetto, tutti dicono in sostanza le stesse cose, l’amore per il popolo, ma con accento diverso come se parlassero una lingua straniera perché spesso incomprensibile. E qui entra in gioco il testo della canzone di Dalla “4 marzo”: Dice ch’era un bel uomo parlava un’altra lingua però sapeva amare…

Ascoltando con attenzione, si ha sul serio l’impressione che ogni politico parli una lingua diversa dal nostro solito lessico, una sola cosa hanno in comune: l’amore per gli italiani e per il Paese. Dal 1948, anno in cui fu firmata la Costituzione, quella che partirà dal 4 marzo prossimo, sarà la XVII legislatura, dopo quattro (anche qui troviamo il 4) governi non scelti dal popolo sovrano…sovrano di che?

Chi mi segue, sa che non entro mai nella polemica politica, o almeno ci provo, ma ho l’obbligo di essere preciso nei fatti. Qualcuno con profondo sentimento nazionalista dice che la nostra Costituzione è la più bella del mondo. La carta costituzionale all’articolo 1 recita: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. In parole più semplici, il popolo sceglie chi deve governare con l’espressione del voto elettorale.

Tutti buoni, con promesse che rasentano le fiabe di Andersen. Me ne viene in mente una in particolare: "Qualcosa". Come i nostri politici c’è sempre chi offre “qualcosa” in più del suo avversario. La fiaba parla di fratelli (nel nostro caso politici) che fanno a gara a chi offre “qualcosa” di più. Voglio diventare “qualcosa”! Esclamò il maggiore dei fratelli – voglio essere utile al mondo, il mio lavoro può essere modesto, ma basta che quel che faccio sia di utilità ed è già “qualcosa”. Io fabbricherò mattoni, e di questi non si può fare a meno! Così avrò fatto “qualcosa”!

Ma è troppo poco! Disse il secondo fratello – quello che fai non vale niente. È un lavoro manuale che può essere compiuto anche da una macchina. No, allora è meglio essere muratore, è sempre “qualcosa”, e io farò il muratore. I muratori sono la forza sociale, e io farò parte di una corporazione di arti e mestiere, diventerò cittadino, avrò una bandiera tutta mia quella della libertà; e se va bene avrò dei garzoni, sarò chiamato maestro: questo è “qualcosa”!

Non è nulla, invece! Disse il terzo – si resta fuori dalle classi più elevate, e ce ne sono parecchie in città più importanti di quelle dei mastri carpentiere. Puoi anche essere un’ottima persona, ma resterai sempre un semplice muratore. Io conosco “qualcosa” che è meglio. Il politico ultimo a parlare nei dibattiti televisivi; io conosco “qualcosa”, io farò “qualcosa”, io sarò “qualcosa”, quel “qualcosa” che vogliono gli italiani…

La cosa che mi sorprende, ogniqualvolta ci sono nuove elezioni, è che c’è gente che crede ancora alle fiabe di Andersen. Non voglio essere pessimista, tanto meno anti-politico, ho rispetto di tutti quelli che aspettano e credono ancora nel tanto atteso cambiamento, ma credo che alle prossime elezioni non ci sarà un granché di diverso. Concludo con dei versi di una canzone di Eduardo De Crescenzo (qualcuno dirà ma questa è una fissazione con le canzoni?) Può darsi, dopo vent’anni da road manager si prende la deformazione. Il titolo della canzone è “Sole”, dice: Parla parla Parlamento, sana sana, Sanità, il ministro ha decretato pesce fritto e baccalà…

Alla prossima ragazzi.





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