San Carlo, Liturgia Zero
Successo per i russi del Teatro Alexandrinsky di San Pietroburgo diretti da Valery Fokin
di Teresa Mori
Lo scorso 18 novembre, al Teatro di San Carlo si sono splendidamente esibiti i russi del Teatro Alexandrinsky di San Pietroburgo. In esclusiva italiana grazie all’impegno, alla lungimiranza e alla vocazione allo scambio del Teatro Stabile di Napoli.
Lo spettacolo “Liturgia Zero” diretto dal russo, visionario, regista Valery Fokin ha visto in scena 19 attori e 6 musicisti che hanno interpretano le musiche originali di Ivan Blagoder.
Un appuntamento con la scena internazionale, mutua, la rima dal romanzo “Il giocatore” di Dostoevskij (1866) e porta in scena un allestimento assai suggestivo per forma e dialettica: sul palco una pantagruelica roulette sulla quale si innestano personaggi più anime che corpi. Interpreti dello spettacolo: Anton Shagin, Alexander Polamishev, Alexandra Bolshakova, Igor Volkov, Alexander Lushin, Sergey Parshin, Tikhon Zhiznevsky, Maria Lugovaya, Era Ziganshina, Sergey Yelikov, Vasilisa Alexeyeva, Maria Zimina, Elena Vozhakina, Ivan Yefremov, Victor Shuralev, Ruslan Meshchanov, Sergey Sidorenko, Igor Kroll, Kirill Zamyshlayev, con i musicisti Ivan Bezborodov, Dmitry Zotin, Konstantin Kolesnikov, Igor Mamay, Andrey Ogorodnikov, Svyatoslav Chereshnichenko, Alexander Shcherbakov.
La vicenda, affresco inarrivabile di quel mondo, legato al gioco d’azzardo e ai casinò, ritrae null’altro che la realtà dello scrittore stesso, essendo stato egli stesso giocatore e fornisce lo spunto per “denudare” le miserie, gli opportunismi, le meschinerie, le ipocrisie dei numerosi personaggi che animano il racconto e del “bel mondo” in cui vivono e a cui appartengono. Personaggi che perseguiranno ostinatamente i loro comportamenti di persone irrisolte e ciniche, pronte ad allearsi l’un con l’altra ma anche ad “usarsi” l’un contro l’altra. Perché su tutto domina e tutti sono dominati da un’unica cosa: la vanità.
L’allestimento, portato a Napoli grazie al nostro neonato Teatro Nazionale e al suo “internazionale” De Fusco, è stata un’occasione unica di scambio e conoscenza, oltre alla qualità indubbia del prodotto va lodato il bell’intento. Si è ascoltata la verbosità della prosa russa, l’ossessione della roulette, che nella Russia di Dostoevskij rappresentava un serio problema per la gente del popolo, che si rovinava con grande facilità tra i fumi della vodka per dimenticare una condizione sociale ormai insopportabile, rivive ingigantendosi in scena e la bravura degli attori guidati dalla maestria di Fokin intesse un sottile rapporto col pubblico, che da inizio a fine diviene il suo interlocutore diretto.